venerdì 14 settembre 2007
Non scongiurare la morte / di lasciarlo qui sulla terra: / ha già sentito il profumo di Dio, / lascialo andare nei suoi giardini.
Questi sono i versi finali di una lunga poesia che ha per me un valore molto personale: nell'aprile scorso, un'ora dopo la morte di mio papà, la poetessa Alda Merini, saputa la notizia, mi inviava un emozionante segno d'affetto in poesia. Riprendo oggi, a distanza di mesi, alcuni di quei versi e li propongo a tutti nel giorno dedicato dalla liturgia alla gloria della croce di Cristo. Quando la morte s'aggira attorno a una persona cara, vorremmo sbarrarle la strada; imploriamo Dio che ci lasci ancora per un po' quella presenza e tutto questo è naturale e spontaneo. Ma dovremmo anche in quel momento sapere che la persona amata è
ormai su una soglia dove tempo ed eternità s'incontrano.
Lei sente già l'attrazione dell'infinito, aspira già il profumo di Dio, il cui volto si sta affacciando in modo diretto. È per questo che dobbiamo accompagnare con la mano chi sta per varcare i confini dei giardini di Dio, a noi ancora preclusi: non per nulla la parola «paradiso» deriva da un vocabolo persiano antico che significa appunto «giardino». Gesù stesso in quell'ultima sua ora dice al malfattore pentito: «Oggi sarai con me nel paradiso». Ritroviamo, allora, il coraggio di accostarci alla morte con delicatezza. Quella di mio padre è stata serena, segnata da un saluto ai figli e un ultimo sguardo d'amore per loro. Tuttavia anche le morti combattute o tragiche hanno come sbocco un orizzonte in cui c'è la luce e il Signore, Dio d'amore e di vita, ad attendere.
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