mercoledì 3 settembre 2003
Per fare spazio dentro di sé/ quante case da abbandonare,/ quante strade da macinare,/ finché l'aria si fa tersa, limpida/ e non c'è ricordo, nessuna speranza,/ solo una stanza/ vuota. Nella storia della mistica il nulla, anzi - come lo chiamava s. Giovanni della Croce - il "Nada", con la maiuscola, non è un semplice concetto negativo, è una radicale purificazione da ogni filtro o schermo che impedisca l'incontro a faccia a faccia con Dio. Qualcosa di simile mi sembra di scoprire nei versi sopra citati: essi appartengono a uno dei maggiori poeti italiani contemporanei, autore che mi è molto caro e che anche i nostri lettori trovano sulle pagine del nostro giornale, Cesare Viviani, senese di 56 anni, divenuto da tempo milanese. Dalla bellissima raccolta delle sue Poesie 1967-2002 (Oscar Mondadori) ho desunto questi versi che vorrei trasformare in uno spunto di riflessione molto semplice per tutti. L'invito che continuamente ci è rivolto è, infatti, proprio antitetico: acquistare, accumulare, possedere, consumare. Il successo si misura su beni che uno può ostentare, sulla posizione che
occupa nella lista degli uomini più ricchi d'Italia o del mondo, sul tenore lussuoso della vita che conduce. Questo miraggio attira tutti, anche quelli che si arrabattano con risultati economici modesti. Paradossale risuona il monito di Cristo a perdere per trovare, a donare per avere, a dare persino la propria vita per gli altri. Ecco, cerchiamo di iniziare a «fare spazio» dentro noi stessi perché irrompa la luce dell'amore e della verità. Scrive ancora Viviani: «Essere niente è più di qualunque essere,/ più di essere ricchi o di essere santi:/ è liberare ogni spazio interiore/ che sia presenza piena del Creatore».
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