domenica 29 ottobre 2006
Benedizione agli amici che alla mia porta, senza essere chiamati, senza essere sperati, sono però venuti.Mi ha un po" commosso la testimonianza di un"anziana signora che mi raccontava la tristezza delle sue domeniche: «Sto accanto al telefono con la sottile speranza che squilli perché, se così fosse, vuol dire che c"è ancora qualcuno che si ricorda di me». E, invece, il telefono o il citofono restano quasi sempre muti. Quella signora è una della folla delle solitudini che popolano i nostri palazzi, gente forse malata, anziana, straniera, o più semplicemente dimenticata da tutti. Per loro, ma un po" per tutti, acquista particolare significato la frase che ho sopra citato.Ne spiego l"origine: si tratta della scritta che il famoso teologo e cardinale inglese ottocentesco, John Henry Newman, aveva fatto incidere su una piccola lapide accanto alla sua porta di casa. Avere un amico che, senza essere chiamato o ricattato con una lamentela («ma non vieni mai a trovarmi!», «sai che non sto bene e sono solo», e così via), senza essere atteso, si è fatto vivo con affetto, è un vero dono. Nella vita ho avuto la fortuna di avere incontrato molte persone che mi si sono affezionate e io a loro. Proprio per questo, capisco l"amarezza di chi non ha nessuno. Anche se per colpa di un cattivo carattere o per altre ragioni, le persone sole e isolate devono essere comprese e perdonate. Vivere in un deserto di sentimenti è, infatti, un incubo ed è già una punizione. Come appello, potremmo, allora, trascrivere le parole di Gesù così: «Ero solo e siete venuti a farmi compagnia"».
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