giovedì 7 dicembre 2006
La sapienza e la giustizia cominciarono ad abbandonare la terra allorquando i dotti, organizzati in sètte, cominciarono ad usare la loro dottrina a scopo di lucro.Intelligenza irregolare ma geniale, vita tormentata e inquieta, opere segnate dall'intuizione più sfrenata e dalla polemica più aspra: sono queste alcune delle caratteristiche del filosofo e scrittore Giordano Bruno (1548-1600), divenuto un simbolo "laico" della libertà di pensiero, soprattutto a causa della sua fine sul rogo di Campo de' Fiori a Roma ad opera dell'Inquisizione. In un saggio dedicato alla sua figura trovo questa sua frase, un po' ripulita dall'italiano arcaico, e credo meriti una riflessione. Partirò da un dato personale, che ha però una collocazione in un ambito comune: mi è accaduto che, richiesta la mia presenza per una conferenza (soprattutto all'estero), mi si domandasse subito la tabella delle tariffe che applicavo.Alla mia risposta negativa stupita mi si ribadiva che questa è la prassi ormai consolidata. Certo, capisco che anche gli intellettuali devono mangiare e vestirsi, ma è la brutalità della riduzione della «dottrina a scopo di lucro» che impressiona. Giordano Bruno coglie, dunque, nel segno proprio con questa espressione comune, «a scopo di lucro». La società contemporanea ci ha ormai abituato a dare un costo a tutto, anche alle realtà spirituali, al punto tale che è ormai legge quello che Ignazio Silone metteva in bocca a uno dei suoi «cafoni» di Fontamara: «Se è gratis, c'è l'inganno». Abbiamo perso il senso del gratuito e tutto viene compiuto secondo un calcolo, esplicito o implicito. È per questo - come dice Bruno - che sapienza e giustizia sono così rare e il dono libero e puro è quasi un miracolo.
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