venerdì 27 luglio 2007
Un uomo può avere due volte vent'anni, senza averne quaranta.
Tra i vari anniversari, quest'anno c'è anche il centenario della nascita dello scrittore siciliano Vitaliano Brancati (1907-1954). Il suo ultimo romanzo, per altro incompiuto e pubblicato postumo, s'intitola Paolo il caldo ed è un ritratto ironico delle ossessioni legate al sesso in una società segnata da condizionamenti e da trasgressioni com'era quella meridionale di allora. Da quel libro estraggo una battuta un po' curiosa che può avere due applicazioni antitetiche che offrono a tutti materia di riflessione. Ci sono, infatti, da un lato, persone che hanno una vitalità straordinaria e non mostrano mai la realtà della loro anagrafe con un impegno che non conosce sosta (ovviamente noi andiamo ben oltre la particolare materia del romanzo").
D'altro lato, però, c'è pure la possibilità di scoprire persone che giungono alla maturità cronologica ma che si rivelano ancora puerili, inesperte, superficiali, come se la vita fosse passata su di loro senza lasciare traccia. Si può, perciò, dire che uno ha quarant'anni ma è come se fossero due volte venti per l'operosità e la freschezza interiore e si può anche riconoscere che uno è giunto alla maturità ma che sembra essere solo un duplice ventenne, sbadato e svagato. Ognuno giudichi se stesso con un po' di rigore e metta in fila seriamente che cosa ha compiuto nei decenni della sua esistenza. Un bilancio è possibile solo se si è capaci di un esame di coscienza serio e il risultato non dev'essere né ragione di scoraggiamento né motivo di illusione, ma principio di decisione perché - come diceva Gandhi - «non si finisce mai di costruire se stessi».
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