Manovra, comincia il pressing sul «tesoretto»
Il Cdm approva il Documento programmatico di finanza pubblica. Stime confermate: Pil allo 0,5% (grazie al Pnrr) e deficit al 3% per uscire dalla procedura d’infrazione Ue

Il Consiglio dei ministri ha approvato giovedì sera il Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp), che sostituisce la vecchia Nadef. L’esecutivo procede dunque alla revisione delle stime sulla crescita del Pil e degli altri indicatori macroeconomici. Nel frattempo continua a lavorare alla stesura della legge di Bilancio, che potrebbe essere approvata da Palazzo Chigi martedì 14 ottobre, prima che il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti parta per il meeting autunnale del Fondo monetario internazionale che si tiene a Washington. «Confermiamo la linea di ferma e prudente responsabilità che tiene conto della necessità della tenuta della finanza pubblica nel rispetto delle nuove regole europee e delle imprescindibili tutele a favore della crescita economica e sociale dei lavoratori e delle famiglie», ha commentato con una nota lo stesso Giorgetti. Per quanto riguarda la manovra, spiega il Mef, «si darà luogo a una ricomposizione del prelievo fiscale riducendo l'incidenza del carico sui redditi da lavoro e si garantirà un ulteriore rifinanziamento del fondo sanitario nazionale. Saranno previste specifiche misure volte a stimolare gli investimenti delle imprese e a garantirne la competitività» e «si procederà nel percorso di incremento delle misure a sostegno della natalità e della conciliazione vita-lavoro».
I macronumeri. Deficit al 3% già quest'anno. Pil allo 0,5% nel 2025 e allo 0,7% nel 2026, con un potenziale effetto espansivo di un decimale derivante dalla manovra. Il governo aggiorna quindi le stime macro e fissa la rotta e i margini per le prossime misure economiche. A partire dalla legge di Bilancio, la quarta dell'esecutivo Meloni, che prenderà le mosse da alcune priorità: fisco, famiglie e lavoro, con l'incognita però ancora tutta da verificare delle spese per la difesa.
Il testo, illustrato in Cdm, verrà poi inviato a Bruxelles e alle Camere, che hanno già calendarizzato l'esame in aula per il 9 ottobre. La crescita viene leggermente rivista al ribasso rispetto alle stime di sei mesi fa del Dfp, che fissavano l'asticella del Pil al +0,6% quest'anno e al +0,8% il prossimo. Il segnale positivo arriva dall'indebitamento: grazie al buon andamento della spesa primaria netta, il deficit che ad aprile veniva stimato al 3,3% è ora proiettato sul 3%, agganciando una soglia cruciale per poter sperare nell’uscita con un anno di anticipo dalla procedura per deficit eccessivo (le stime dicono 2,8% per il 2026, 2,6% per il 2027 e 2,3% per il 2028, a legislazione invariata). A Bruxelles non ci si sbilancia: per la chiusura della procedura il deficit serve stare «sotto il 3%, credo che il 2,9% sia un buon valore», spiega un alto funzionario europeo. La decisione sarà presa nella primavera del 2026. Per quanto riguarda il debito, si attesta su valori inferiori al Piano strutturale di bilancio (dove era pari al 137,8 nel 2026) e punta ad arrivare al 136,4 nel 2028, quando verrà meno l'effetto del Superbonus.
Per quanto riguarda le misure della manovra il Dpfp ne traccia un primo scheletro. Ma la definizione degli interventi prenderà forma nelle prossime settimane, prima con il Documento programmatico di bilancio atteso a Bruxelles il 15 ottobre e poi con l'arrivo entro il 20 alle Camere della legge di Bilancio. La priorità da cui si parte è il taglio dell'Irpef, che interesserà quest'anno il ceto medio, con una riduzione di due punti della seconda aliquota dal 35% al 33% per i redditi da 28mila a 50mila euro. Ma le risorse sono limitate. Ci sarebbero circa otto miliardi di euro a disposizione delle misure chiave, la metà potrebbe andare per la riduzione dell'Irpef. Per arrivare fino a 60mila euro di reddito ne servirebbero altri due, che sarebbero di difficile reperibilità nell'immediato. Alcune simulazioni parlano di un aumento delle buste paga di alcune decine di euro per il ceto medio.
A indurre Giorgetti a non sbilanciarsi è l'incertezza sui mercati dovuta al contesto geopolitico, che richiederà anche maggiori spese per la difesa. Il Mef informa che vanno conteggiati aumenti di spesa in difesa «dello 0,15% nel 2026, dello 0,3 % nel 2027 e dello 0,5 nel 2028». Tale incremento, si specifica, «è subordinato» proprio «all’uscita dalla procedura di disavanzo eccessivo».
Si parla anche di un “pacchetto” per la famiglia che potrebbe essere chiuso a breve: si ipotizza un bonus libri per le fasce di reddito più basse, sul modello di quello di Veneto e Lombardia, e la spinta su misure che applichino un quoziente familiare. Prosegue anche il lavoro per arrivare a una possibile revisione dei criteri per la formazione dell'Isee, che però dovrebbe essere oggetto di un provvedimento specifico. L'esecutivo starebbe ragionando anche sul rafforzamento della previdenza per le persone non autosufficienti. La detassazione degli straordinari, invece, potrebbe entrare in manovra in un secondo momento con un emendamento d'aula, una volta chiarite le risorse a disposizione.
Si farà anche la rottamazione delle cartelle, ma con un ridimensionamento rispetto ai dieci anni e 120 rate previsti dal disegno di legge proposto dalla Lega: tra le ipotesi si valuta una durata di otto anni e 96 rate per i debiti di importo minore.
Al capitolo entrate va ascritto anche l’ipotetico contributo delle banche: si punterebbero a raccogliere 2,5-3 miliardi. Ma il punto di caduta verrà trovato nella trattativa - ancora tutta da avviare - con gli istituti.
Intanto la priorità degli industriali, spiega il presidente Emanuele Orsini, è «avere una continuità di misure: gli incentivi stanno scadendo». E «il tema principale è l'incertezza, c'è la necessità di avere certezze. L’incertezza la combatto con la certezza: la certezza vuol dire investimenti», spiega Orsini a margine della presentazione del rapporto del Centro studi di via dell'Astronomia, che tra l’altro certifica come, senza il Pnrr, il Pil sarebbe in negativo. Confindustria elogia, come modello, la Zes Unica: «Ha funzionato bene- dice Orsini -, lo Stato è rientrato immediatamente dei soldi spesi. Abbiamo generato 28 miliardi di euro di investimenti con l'industria e 35mila assunzioni». Il sottosegretario per il Sud Luigi Sbarra assicura che «la dotazione finanziaria sarà confermata e migliorata».
Novità rispetto al dibattito delle scorse settimane potrebbero registrarsi per la Sanità. L'obiettivo è raccogliere 2-3 miliardi di euro in più oltre ai quattro già previsti dalla scorsa legge di Bilancio: l'urgenza è quella di migliorare gli stipendi e far entrare nuove persone, mentre al ministero della Salute si lavorerebbe già a un piano da 27mila assunzioni, dando la priorità agli infermieri.
Per quanto riguarda le coperture, oltre alle banche, il Mef prevede «una combinazione di misure dal lato delle entrate e di interventi sulla spesa; questi ultimi tengono conto del monitoraggio compiuto e dell’adeguamento dei relativi cronoprogrammi di spesa». Insomma possibili sforbiciate sui soldi non utilizzati.
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