Blitz fallito del governo per allungare i contratti a termine: misura ritirata
La norma contenuta in un emendamento al dl Economia in discussione in commissione al Senato puntava ad allungare di un anno il limite ai contratti interinali. Contarie centrosinistra e Cgil.

Fallisce il blitz della maggioranza per allungare il limite dei contratti a termine. Ma il tentativo infiamma il dibattito politico. A irritare le opposizioni, oltre al merito della norma, è stato anche il metodo, visto che la novità era contenuta in un emendamento dei relatori al “decreto Economia”, attualmente in discussione nella commissione Bilancio del Senato. In serata proprio a causa delle critiche è arrivato il dietrofront della maggioranza. Il centrosinistra ne aveva chiesto il ritiro immediato, ma è un’istanza che sul fronte opposto non sembravano intenzionati a raccogliere fino al ripensamento a tarda ora, anche se il governo si era detto disposto a una mediazione, o almeno questo ha garantito il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani (Fratelli d’Italia).
La proposta di modifica puntava ad aumentare fino a 4 anni (al momento il tetto è di 3) la durata massima oltre la quale un lavoratore con contratto di somministrazione, quindi a termine, deve essere poi assunto a tempo indeterminato dalla ditta che usufruisce della sua opera “in missione”. Ma con alcune limitazioni: «Qualora l’utilizzatore impieghi il lavoratore assunto a tempo indeterminato dal somministratore (ovvero l’agenzia, ndr), senza che l’utilizzatore abbia intrattenuto, con il medesimo lavoratore, precedenti rapporti di lavoro a tempo determinato – si legge nel testo dei relatori -, anche nell’ambito di contratti di somministrazione di lavoro con il lavoratore assunto dal somministratore a tempo determinato, il periodo complessivo di cui al comma 2-bis è elevato a 48 mesi». La norma sarebbe stata anche retroattiva, facendo decorrere il nuovo limite dal 12 gennaio 2025.
Per i dem è stato l’ennesimo «emendamento fuori contesto», per usare le parole della responsabile lavoro del partito, Maria Cecilia Guerra, ma il problema non è solo nella forma perché il diritto del lavoro, ha osservato la deputata Pd, è «materia delicata» e la destra non può «sgretolarne l’impianto a colpi di emendamento». Il Movimento 5 stelle si è subito scagliato contro il tentativo di «alimentare il precariato selvaggio», mentre Tino Magni, di Alleanza Verdi e Sinistra, è tra coloro che ha invitato la maggioranza a tornare sui suoi passi ritirando il testo. Lo stesso ha fatto la Cgil, lamentando l’assenza di norme contestuali per la tutela dei diritti del lavoratore che favoriscano la stabilizzazione e contrastino il turn over. Peraltro, ha fatto notare la segretaria confederale della Cgil, Maria Grazia Gabrielli, senza che ci sia «un legame con le esigenze temporanee delle imprese». Italia viva invece, con Raffaela Paita e Annamaria Furlan (ex leader della Cisl), ha messo in guardia dal rischio di «licenziamenti mascherati».
Di avviso diverso è tuttavia proprio la Cisl che con Daniel Zanda, segretario generale della Felsa (che raggruppa i lavoratori somministrati autonomi e atipici), e Mattia Pirulli, segretario confederale, ha invece manifestato «una valutazione positiva», lodando «la coerenza delle disposizioni nel promuovere e valorizzare l’assunzione a tempo indeterminato presso le Agenzie per il Lavoro, rispetto al semplice ricorso ai contratti a termine».
Si tratta del secondo emendamento in materia di occupazione ritirato nel giro di pochi giorni dopo quello al “decreto Ilva” sulla prescrizione e la decadenza dei crediti di lavoro. Un nuovo colpo sparato a salve di cui il capo dell’esecutivo avrebbe fatto volentieri a meno.
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