martedì 14 giugno 2022
A Severodonetsk si va verso il controllo di Mosca. Decisivi per le sorti del conflitto i prossimi vertici internazionali chiamati a valutare nuovi aiuti militari. Il ruolo della diplomazia vaticana
Guerra giorno 111: l'invito alla resa da parte russa e le soluzioni possibili
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La crisi ucraina nel giorno 111 vede continuare la spinta militare russa nel Donbass, mentre sul piano politico e diplomatico si attendono i passaggi cruciali delle prossime due settimane. Si comincerà il 15 giugno con il vertice della coalizione pro Kiev, per arrivare al Consiglio europeo del 23 e 24 giugno e finire con il vertice della Nato del 29 e 30 giugno.

Nelle ultime ore la Russia ha dichiarato che darà ai combattenti ucraini asserragliati nell’impianto chimico di Severodonetsk, ormai accerchiata dall’Armata, la possibilità di arrendersi. Dovrebbe essere aperto un corridoio umanitario per evacuare alcune delle centinaia di civili intrappolati insieme ai soldati. Nei rifugi antiaerei della fabbrica Azot, sotto costante attacco degli invasori, "ci sono ancora 540-560 civili", ha detto il capo dell'amministrazione della città, Oleksandr Stryuk, il quale ha aggiunto che nel sito si registrano continui combattimenti e tentativi di assalto. I non belligeranti che lasceranno la zona saranno trasportati dai russi nella regione separatista di Lugansk.

La situazione sul campo per le truppe di Kiev si fa progressivamente peggiore, anche se non è chiara l'entità delle nuove conquiste territoriali russe. "Ramstein-3 dovrebbe essere il giorno in cui la comprensione dell'importanza della forza per raggiungere la pace e costruire un nuovo ordine mondiale sostituisce il desiderio di trovare un compromesso con coloro che ricorrono alla violenza: più armi pesanti e addestramento operativo per le nostre forze armate", ha invocato su Twitter Andriy Yermak, il capo dello staff del presidente Volodymyr Zelensky alla vigilia della riunione a Bruxelles della Lega per l'Ucraina, guidata dal ministro della Difesa Usa, Austin, chiamata a decidere in che misura sostenere il Paese con nuovi armamenti. Ma come si è detto in questi giorni, l’attenzione sul conflitto è in calo e la volontà dei Paesi occidentali di continuare a investire nella resistenza ucraina potrebbe scemare.

L’unica speranza per una soluzione giusta della crisi può venire da un’iniziativa forte per la tregua e il negoziato. Il Papa è tornato a parlare del conflitto, ripetendo l’appello perché tacciano le armi. "La guerra in Ucraina è venuta ad aggiungersi alle guerre regionali che in questi anni stanno mietendo morte e distruzione. Ma qui il quadro si presenta più complesso per il diretto intervento di una 'superpotenza' - sottolinea Francesco nel Messaggio per la Giornata dei Poveri -, che intende imporre la sua volontà contro il principio dell'autodeterminazione dei popoli. Si ripetono scene di tragica memoria e ancora una volta i ricatti reciproci di alcuni potenti coprono la voce dell'umanità che invoca la pace".

Dal Cremlino è stato espresso apprezzamento per le iniziative diplomatiche della Santa Sede, con una dichiarazione che non ha trovato interpretazioni unanimi da parte degli analisti esperti di Russia né dei conoscitori delle vicende vaticane. È noto infatti che i tentativi fatti in questi mesi da Roma si sono quasi sempre scontrati con il muro eretto da Mosca su qualsiasi passo indietro da compiere preventivamente. Nessun gesto di buona volontà significativo è giunto da Putin e dal suo entourage che potesse aprire una seria trattativa. La disponibilità di Francesco a un viaggio nelle capitali della crisi è stata subito esposta a strumentalizzazioni che hanno per ora indotto a un vigile rinvio.

Sarebbe una speculazione ottimistica pensare che i vertici russi, di fronte a difficoltà a proseguire il conflitto a questa intensità, vogliano adesso esplorare soluzioni negoziate che in precedenza non avevano preso in considerazione. Bisognerà quindi attendere l’esito delle riunioni internazionali di questo mese per capire se c’è spazio per una trattativa che passa inevitabilmente o per un cedimento improvviso di Kiev o per il forte e coeso sostegno occidentale all’Ucraina, in modo da mostrare a Putin che non vi è spazio per una vittoria sul campo e che si deve fare un esercizio di realismo e di giustizia.

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