domenica 1 giugno 2014
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Gentile direttore,siamo alle solite, con la scadenza della prima rata Imu (pardon Tasi, come si chiama ora, domani chissà?) regna la confusione massima e questo torna ciclicamente a turbare i sonni dei cittadini italiani. Si può definire una tassa “odiosa” perché costringe i cittadini a calcolarne l’importo senza conoscere nulla di aliquote, detrazioni, prime e seconde case, ecc… L’alternativa è di  avvalersi di un Caf, con esborso di altri soldi. Tutti elementi che solo i Comuni hanno nei loro archivi, o nella loro testa.  Per farla breve, visto che i Comuni sono sempre affamati di entrate, e visto che si fanno tanti decreti per cercare di venirne a capo, mentre si complicano di più le cose, visto che si vuole semplificare la burocrazia per i cittadini, allora si faccia un decreto in cui si obbligano i Comuni a richiedere loro stessi ai cittadini quanto devono pagare per Imu, Tasi e quant’altro, inviando sempre direttamente a casa del contribuente quanto dovuto. È mai possibile che uno Stato (e per esso i Comuni) debbano obbligare i cittadini a calcolarsi una tassa, quando loro sono i primi ad avere tutti gli elementi per determinarne l’importo. Qui è proprio il concetto di fondo che è sbagliato e da cambiare. Chiunque chiede un qualcosa ad un altro, gli comunica perlomeno l’entità, gli fattura un importo. Ve lo immaginate un professionista che chiede il conto delle sue prestazioni  e lascia al debitore il conteggio del suo onorario? Se almeno questa semplificazione avvenisse, sarebbe una buona iniezione di fiducia e un buon punto di partenza delle tante cose annunciate e mai attuate. Siamo disposti a pagare (persino volentieri, sic!) quanto ci verrà chiesto, ma risparmiateci la “tortura” di calcolare e come pagare il tributo. Così, forse, più presto i Comuni si daranno da fare, più presto incasseranno le loro tasse. Che poi me le facciano pagare il 16 giugno o il 16 settembre, in tre o quattro rate, è persino irrilevante. E pensare che vorremmo solo pagare senza ulteriori fastidi e confusioni.Attilio Gerbaudo, Cuneo

 

Lei ha molte buone ragioni, gentile signor Gerbaudo. E, per quel che vale, ha tutta la mia convinta simpatia. Penso che il suo punto di vista sia condiviso da tantissimi cittadini-contribuenti che vorrebbero, secondo la formula coniata da Matteo Renzi e un’enorme e giustificata attesa popolare, una «svolta buona» anche sul fronte dei «fastidi» e delle «confusioni» che si accumulano con inesorabile (e, in questi anni, crescente) frequenza nel rapporto con lo Stato e con gli Enti locali. Anche solo il continuo cambiamento e la stratificazione di sigle (Ici, Imu, Tasi, Tari, Iuc…) e di modalità impositive – per non parlare del disorientante balletto dei termini di scadenza dei pagamenti – continuano ad alimentare allarme, sconcerto, insofferenza, dubbi. Non si tratta di opinioni, ma di un dato di fatto, col quale sarebbe saggio misurarsi con urgenza. La macchina pubblica – anche e soprattutto quando si tratta di tasse – è sentita efficiente (e amica) o pesante (e sgangherata) non soltanto per quanto chiede e consuma e per ciò che eroga in termini di servizi alle persone e alle comunità, ma in particolar modo per come lo fa. Nel concetto di equità fiscale abitano a pieno titolo giusta proporzione, ridistribuzione della ricchezza e attenzione rispettosa (e non esclusivamente sospettosa) verso coloro che sono chiamati a pagare. Alcuni Comuni, per la parte che li riguarda, già procedono nel modo da lei suggerito: quantificano, cioè, l’ammontare dell’imposta e non infliggono la "tortura" dell’incertezza al destinatario volenteroso e onesto o un’arma in più di evasione al tassato renitente... Ma la regola, che pure è prevista, non ha purtroppo un’applicazione così diffusa e adeguata. Un bollettino in bianco è un’ammissione di ignoranza, oltre che – per qualcuno – un ulteriore alibi polemico per non contribuire secondo giustizia al bene di tutti. L’esatto contrario di ciò che lei, con spazientita disponibilità, sollecita: «E pensare che vorremmo solo pagare...». Cittadini così meritano di essere ascoltati. Ci pensi chi governa e fa le leggi.

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