domenica 11 agosto 2013
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Ecco il luogo del mondo dove tutto diviene facile... Il solo angolo della terra dove tutto si fa docile... Ciò che dappertutto è vecchiaia qui non è che tenerezza e premura/ E due braccia materne che si tendono a noi… Ce ne han dette tante, O Regina degli apostoli, abbiamo perso il gusto per i discorsi/ Non abbiamo più altari se non i vostri/ Non sappiamo nient’altro che una preghiera semplice». È la preghiera che lo scrittore francese Charles Péguy rivolge alla Vergine di Chartres nella prima delle sue Prières dans la Cathédrale scritte nel 1913. È la preghiera personale di un uomo che è pienamente un uomo moderno, tuffato nel proprio tempo, cresciuto nel cuore della Francia laicista, che ha assorbito e fatto suoi anche tutti i presupposti della Rivoluzione e che diventa cristiano a 35 anni, mentre è immerso nella direzione della rivista repubblicana dei Cahiers, e quando è già padre di famiglia con tre figli, una moglie atea. Prière de résidence (Preghiera di residenza) l’intitola, «una preghiera semplice» la definisce, e con essa rievoca proprio l’esperienza vissuta del suo andare, del suo arrivare, del suo rimanere in ginocchio davanti alla Madre di Dio, del suo «lasciarsi guardare da Lei» nel santuario di Chartres. Aveva ricalcato così i passi di chissà quanti altri lungo i secoli nella campagna di Francia e le strade dell’assolata pianura della Beauce, per portare il groviglio della vita affannata lì, ai piedi di Maria. Così come ancora oggi può accadere a chiunque, entrando nei tanti santuari mariani che punteggiano l’Europa. Anche adesso, nel cuore di questa nostra incerta estate italiana, avvicinandoci alla festa dell’Assunta. «Faccio parte di quei cattolici che darebbero tutto san Tommaso per lo Stabat, il Magnificat, l’Ave Maria e il Salve Regina» confida Péguy a un amico. E in compagnia della «flotta delle preghiere della Vergine, come bianche caravelle umilmente ricurve sotto le vele a fior d’acqua» s’incammina per chilometri lungo i sentieri che lo portano a Chatres. Vi si recherà in pellegrinaggio molte volte per chiedere cose concrete, per ringraziare del bene ricevuto, per invocare la grazia della salute e la guarigione dei figli e per supplicare che anche «briciole di grazia» possano bastare a riempire la vita. Suppliche espresse per tanti anni in silenzio, che verrano esaudite dopo la sua morte: la moglie Charlotte e suoi figli riceveranno il battesimo nella Chiesa cattolica; sua moglie si recherà ogni anno in pellegrinaggio a Chartres portando con sé i bambini e lo farà per mezzo secolo fino a quando le forze glielo consentiranno. L’anima che ha condotto a Chartres il viandante Péguy è la stessa con la quale papa Francesco, con tratti di profondità e delicatezza, svela nei gesti l’intimo rapporto di tenerezza che lo unisce a Gesù e a Maria, e a ripetere le preghiere semplici della tradizione cristiana e parlare della pietà popolare. Pietà che nel documento della Conferenza dell’episcopato latinoamericano ad Aparecida (2007) egli ha definito «spiritualità popolare»: «È un cammino originale per il quale lo Spirito Santo ha condotto e continua a condurre milioni di nostri fratelli a Dio... molti non abbassano le braccia e toccando i piedi, il lembo del mantello di Maria si aggrappano all’immenso amore che Dio tiene per loro e incontrano la tenerezza di Dio nel suo volto. In lei vedono riflesso il messaggio essenziale del Vangelo». E ancora: «Non possiamo svalutare la spiritualità popolare, o considerarla un modo secondario della vita cristiana, perché sarebbe dimenticare il primato dell’azione dello Spirito e l’iniziativa gratuita dell’amore di Dio... Anche oggi ci possono essere posture gnostiche di fronte a questo fatto della pietà popolare». La pietà che si esprime nella devozione, nelle processioni, nelle adorazioni, non è perciò una forma minore di vivere la cattolicità, né è appannaggio di minoranze rigoste o di nostalgici passatisti, di cristiani che si sentono più "seri" degli altri. Di vecchi e nuovi farisei che come scrive Péguy «non sopportano che la salvezza sia facile» e che lo avevano rimproverato di lassismo e pressato affinché mettesse ordine nella sua vita fino a consigliarlo di rompere il vincolo coniugale che lo legava a sua moglie, e che Péguy non esitò a definire «empi». Cioè contrari alla stessa pietà, perché empietà vuol dire mancanza di pietas, che nel suo significato classico e cristiano vuol dire proprio rispetto e misericordia. Ed è quel riconoscersi debitore per un bene che si è ricevuto, che accompagnerà Péguy fino all’estremo dei suoi giorni. E che lo vedrà ancora, nella notte prima di morire in guerra, mentre è di stanza con gli altri soldati nei pressi di un convento, raccogliersi ai piedi di una statua della Madonna per affidare ancora una volta a Lei i suoi cari e chiedere per sé il dono della perseveranza finale. Così da acquistare un posto da cui poter guardare per sempre, anche da lontano, il «giovane splendore» di Maria, come aveva già chiesto nella Présentation de la Beauce a Notre-Dame de Chartres: «Non domandiamo più niente, rifugio del peccatore, se non l’ultimo posto nel vostro purgatorio... e poter contemplare ancora, da lontano il vostro giovane splendore».
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