Se la prigione svolge il vero compito per il quale esiste
giovedì 5 luglio 2018

Impossibile non ricordarsi la banda della Uno Bianca, impossibile non essere d’accordo con la condanna all’ergastolo, facile capire la delusione che oggi coglie i parenti delle vittime nel sentire che vien rimesso in libertà uno dei principali condannati, Marino Occhipinti, con la dichiarazione che ha raggiunto il pentimento e che il suo pentimento è «autentico» ed è una conquista che sta al termine di una lunga e completa «rivisitazione critica del suo passato».

Di fronte a queste dichiarazioni, e decisioni, delle autorità, i parenti delle vittime parlano di «sofferenze che si ripetono», «ferite che si riaprono» e contraddizioni nelle decisioni, dal momento che non può darsi pentimento di una colpa se prima non c’è stata tempestiva ammissione della colpa. Parlo di questo fatto, una lunga catena di crimini con lunga sequenza di morti e feriti (la banda della Uno Bianca compì rapine su rapine tra il 1987 e il 1994 lasciandosi dietro 24 morti e 102 feriti), per ricordare che tutti restammo sorpresi e colpiti quando fu scoperta e si trovò che era composta soprattutto di poliziotti. Ecco perché era imprendibile. Anzi insospettabile. Ecco la bravura nelle sparatorie e negli inseguimenti.

Erano servitori dello Stato, che lo Stato aveva istruito e allenato e pagato per proteggerci dai rapinatori e dai killer, e che invece facevano i rapinatori e i killer: pagati da noi, derubavano e uccidevano noi. Erano nostri traditori. Se ci sono ergastolani per i quali scatta dentro di noi il proposito di 'buttar via la chiave', sono questi.

E invece la chiave è stata conservata, adesso vien tirata fuori, si apre la porta (di quella condanna che i francesi chiamano à la perpetuité), e si dice al condannato: 'Va’, sei libero'. Cosa significa il dolore che scatta nella mente di coloro che hanno avuto vittime in famiglia? Significa che sentono il loro dolore come ancora duraturo, e la condanna per quel dolore come già scaduta. Questa commisurazione del dolore e della condanna scatta sempre quando arrivano le sentenze su delitti di grande impatto emozionale. Qualche mese fa è stato giudicato un padre che aveva ammazzato a coltellate la moglie davanti alle figlie.

Condanna: ' Quindici anni'. 'Troppo pochi' gridarono le figlie. Volevano dire: 'Non è giusto che noi soffriamo per sempre e lui per pochi anni'. Ma per tornare alla Uno Bianca, se davvero quel poliziotto ha raggiunto il pentimento lucido e cosciente del male che ha fatto, questa coscienza è un risultato morale (e voglio dire anche sociale) migliore dell’espiazione completa della pena. Una espiazione può continuare a lungo, e tuttavia non raggiungere mai lo stadio del pentimento.

Pentimento significa comprensione, e comprensione, da parte di un pluriassassino, significa che passa dalla morale sua personale o della sua banda alla morale della società. Purtroppo noi tutti pensiamo che uno è redento quando ha pagato il conto alla giustizia, usiamo proprio questa formula economico-borghese 'pagare il conto', per dire che un colpevole si mette a posto, e riacquista tutti i diritti. In realtà si può pagare il conto ritenendo quel conto ingiusto, il che significa che se prima odiavi la società ora la odî di più. Non si espia mai una condanna finché resta una condanna, l’espiazione comincia quando diventa un’autocondanna, quando tu stesso ti daresti gli stessi anni di carcere che ti dà la Corte.

E magari qualcuno di più. Quando poi scontando la pena ti resta il rimorso che la tua colpa sia comunque più grave, che non ce la farai mai a metterti in pari. Se ha raggiunto questo stadio, l’ergastolano della Uno Bianca, la sua prigione ha svolto il compito per cui esiste la prigione.

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