Relazioni rigenerate, tra amicizia e amore
domenica 9 luglio 2023

"Perciò, tutti i discorsi che si possono tenere sull'amicizia, andateli a chiedere, per favore, agli improvvisatori di professione. Io posso soltanto esortarvi ad anteporre l'amicizia a ogni altro valore umano, perché niente è tanto conveniente alla natura dell'uomo, niente così opportuno nella buona o nella cattiva sorte". Cicerone, L'amicizia V17

Corpi come trofei

Ancora oggi ci sono nel nostro mondo così “moderno” da definirsi post-moderno, uomini che intendono i rapporti con le donne specialmente limitati a quelli sessuali e alla conquista, seppur fugace, del loro corpo. C’è ancora chi si vanta di aver “posseduto” corpi di donne in numero da Guiness dei primati in una gara accesa con altri uomini. E ciò non accade tanto in uno spaccato sociale arretrato, in aree urbane o di provincia dove la delinquenza e il degrado socio-economico vanno di pari passo con l’imbarbarimento morale, quanto tra gli uomini di ricchezza, di potere e di cultura.

Verrebbe da dire, col Qoèlet, «niente di nuovo sotto il sole»! È questo, infatti, già un atteggiamento tipico del mondo antico, generosamente attestato anche nella Bibbia. Il re Salomone ebbe una quantità enorme di mogli. Si tratta del più potente re di Israele che portò i confini geografici dello stesso alla massima estensione non solo con l’uso di uccisioni e guerre ma per la sua giustizia e immensa sapienza. Egli, infatti, «parlò delle piante, dal cedro del Libano all’issòpo che sbuca dal muro; parlò delle bestie, degli uccelli, dei rettili e dei pesci» e «pronunciò tremila proverbi; le sue odi furono millecinque» (1Re 5,12-13). Per introdurre la giovane e modesta monarchia di Israele nel mondo dei grandi Regni egemonici del tempo, Salomone si avvide che il re doveva esserne il simbolo: doveva avere un Palazzo, una corte pullulante di bellezze e di servitori e un numero elevato di mogli, così da mostrare non solo la sua ricchezza ma anche la sua straordinaria potenza virile. «Il re Salomone amò molte donne straniere, oltre la figlia del faraone: moabite, ammonite, edomite, sidònie e ittite, provenienti dai popoli di cui aveva detto il Signore agli Israeliti: “Non andate da loro ed essi non vengano da voi, perché certo faranno deviare i vostri cuori dietro i loro dèi”. Salomone aveva settecento principesse per mogli e trecento concubine; le sue donne gli fecero deviare il cuore» (1Re 11,1-3).

Nel racconto si esprime un giudizio: Salomone finì per sfiancarsi i lombi per le troppe donne che aveva, e il suo regno si divise per sempre. Simile a Salomone doveva essere il re Assuero (l’Artaserse greco) di cui si fa ampia cronaca nel libro di Ester. Ma qui la storia si evolve in un senso positivo rispetto a quella di Salomone. Vi accadono dei fatti che aprono a un altro modo di vivere il rapporto tra uomini e donne e tra mogli e mariti. La regina Vasti, infatti, prima moglie del grande Re, non si prestò a svolgere il ruolo assegnatole dalle leggi di corte e disobbedì alle regole in essa vigenti. Non volle apparire, alla fine del grande banchetto, probabilmente senza alcun velo, a tutti gli uomini già alticci, in modo che il re potesse fregiarsi di avere in moglie il corpo muliebre più bello di Persia. Vasti pagò a caro prezzo una dignità giustamente reclamata poiché venne ripudiata e condannata a scomparire dalla scena. Un’assenza che aprì la porta, però, a un’altra moglie: Ester, una figlia della diaspora ebraica.

Una donna per amico

Mentre la regina Vasti rompe un sistema di potere in cui la donna è corpo come “oggetto” da esporre a onore del suo uomo, Ester completa il cammino verso la dignità della persona della donna con qualcosa di molto importante che causerà un cambiamento culturale e antropologico. Il fatto avviene quando, per poter difendere il suo popolo ormai disperso in tutte le province della Persia, prende una decisione: chiedere di poter parlare a suo marito. A noi potrebbe sembrare curioso il fatto che una moglie dovesse armarsi di uno straordinario coraggio per comunicare verbalmente col proprio marito, ma nella corte del gran Re poteva accadere soltanto se lui l’avesse mandata a chiamare. Attraverso le parole Ester ebbe la possibilità di far conoscere al Re la sua persona, la sua storia, la sua anima, e persino il suo nome e la sua identità. Dall’audacia di Ester nasce un rapporto di amicizia tra marito e moglie, e il rapporto uomo-donna non è più solo fisico ma specialmente spirituale. I due condividono la mensa e il piacere delle parole; conversando con sua moglie, Assuero viene a conoscenza di cose che lo riguardano personalmente e che gli erano ignote. Non solo imparerà a gestire il governo in virtù delle conversazioni con Ester ma affiderà a lei il compito di occuparsi della particolare situazione degli ebrei residenti in Persia. Così Ester non solo fece decadere l’editto di morte che pendeva su di loro – e che suo marito aveva “firmato” senza neppure rendersi pienamente conto di quel che faceva – ma, al posto di quello, fece emanare un editto di vita per loro, rovesciandone le sorti. Con questa storia vediamo come la donna si elèvi dall’essere solo un corpo, all’essere una persona capace di relazioni intellettuali, morali e spirituali. Il fatto che Ester da mera concubina che, come tutte le sue colleghe, si era preparata all’eventuale incontro col Re con lunghe e accurate cure cosmetiche (« Il periodo della preparazione si svolgeva così: sei mesi per essere unta con olio di mirra e sei con spezie e unguenti femminili», Est greco 2,13), diventasse, alla fine, una vera regina, capace di parlare e collaborare col re al governo, dimostra che il rapporto tra loro fosse stato innalzato alla pari dignità dell’amicizia.

Amor d’amicizia

Sappiamo come l’amicizia avesse un altissimo valore presso tutti i popoli del Mediterraneo: basti pensare ai dialoghi di Platone o di Cicerone. Nei testi filosofici o nei miti del mondo classico l’amicizia era però un amore tipicamente maschile, un tipo di legame che univa due giovani, due eroi o due uomini virtuosi. Era insomma molto raro e difficile avere “una donna per amico”! Un limite che, purtroppo, si è mantenuto per secoli ancorché con le dovute eccezioni. E questo nonostante la Bibbia presenti altri esempi di amore amicale tra uomo e donna o tra marito e moglie, come nel caso di David e Abigail o in quello di Elkanà e Anna. Nel primo Abigail è sposata con Nabal che – come dice il nome stesso – è uno sciocco e per questo fa un torto a David rifiutandogli il compenso dovuto per servizi da lui prestati. Ciò suscita l’ira di David il quale, sanguigno e impulsivo com’era, decide di andare con un esercito di ben quattrocento uomini a sterminare tutti i maschi della casa di Nabal. Ed ecco che entra in gioco Abigail, avvisata del comportamento del marito da uno dei domestici. Ella immagina la reazione di David e, di nascosto dal marito, prende una gran quantità di regali per compensare David. I due si incontrano a metà strada e Abigail si mostra una moglie-amica verso due uomini. Il primo è Nabal: lei dice una bugia a David e assume la responsabilità dello sgarro commesso da suo marito in modo da evitare la vendetta su tutta la sua casa (cf. 1Sam 25,28).

Il secondo uomo è David: già unto da Samuele, sarebbe dovuto diventare il futuro re di Israele, e se avesse commesso quella strage avrebbe violato la giustizia di Dio. Abigail usa nobili parole verso David, preoccupata per lui in merito alla sua credibilità e autorità futura presso Israele, e gli dice: «Certo, quando il Signore ti avrà concesso tutto il bene che ha detto a tuo riguardo e ti avrà costituito capo d’Israele non sia d’inciampo o di rimorso al mio signore l’aver versato invano il sangue e l’essersi il mio signore fatto giustizia da sé stesso». David riconosce la bontà delle sue parole: « Benedett o il Signore, Dio d’Israele, che ti ha mandato oggi incontro a me. Benedetto il tuo senno e benedetta tu che sei riuscita a impedirmi oggi di giungere al sangue» ( 1Sam 25,30-31.32-33). Proprio in virtù di questa sua sapiente e amicale lealtà, una volta rimasta vedova, Davide prenderà Abigail in moglie. Un altro uomo che vive con sua moglie un sensus amoris profondamente spirituale è Elkana. Egli aveva due mogli: Anna e Peninna. La seconda gli aveva dato figli e figlie mentre la prima era sterile. Un giorno, al santuario di Silo, Anna non voleva mangiare e continuava a piangere. Fu allora che suo marito le disse: « Anna, perché piangi? Perché non mangi? Perché è triste il tuo cuore? Non sono forse io per te meglio di dieci figli?». ( 1Sam 1,8). Se Anna temeva di essere ripudiata perché il suo corpo non aveva dato frutto, suo marito la rassicura dicendole che ciò che conta per lui è di poterla amare. « Alzati amica mia, mia bella e vieni»: è l’invito a un rapporto alto, nobile, di piena e umanità e reciprocità; vi risuona la parola di Gesù ai suoi: « Non vi chiamo più servi... ma vi ho chiamato amici» (Gv 15,15).

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