Passo vero fuori dalla trappola
giovedì 16 luglio 2020

L’epilogo del braccio di forza tra il governo e Autostrade rappresenta uno dei pochi casi nei quali l’attore pubblico ha avuto abbastanza coraggio e forza per uscire dalla logica della 'cattura del regolatore', una patologia ben nota e quasi inevitabile per la letteratura scientifica di economia industriale nei rapporti di concessione tra autorità pubblica e gestore privato dell’infrastruttura. Di solito si parte con la migliore delle intenzioni. Il contratto di concessione impegna il gestore privato a realizzare gli investimenti di manutenzione necessaria in cambio di una tariffa che dovrebbe rappresentare il giusto mezzo tra interesse degli utenti (gli automobilisti che pagano i pedaggi in autostrada) e profitti del gestore stesso.

Poi le cose lentamente, quasi per inerzia, scivolano verso la 'cattura'. I politici per motivi vari e diversi diventano accomodanti nei confronti del concessionario che non manca di solito di potere economico, capacità di lobbying e persuasione. Si finisce con ritorni del capitale molto elevati per il gestore, tariffe elevate per il consumatore e investimenti in manutenzione non all’altezza delle necessità e delle aspettative. Come ricordato recentemente in un’analisi di Giorgio Ragazzi (in un pezzo scritto nel 2018 ma che consigliamo di leggere oggi QUI L'ANALISI), nel 2017 autostrade per l’Italia (Aspi) ha incassato 6 miliardi di profitti dai pedaggi autostradali facendo investimenti per meno di un miliardo, realizzando un margine operativo di 2.450 milioni e investendone nella rete solo 517.

Nonostante gli esiti deludenti in termini di benessere per la collettività (che non coincide col valore delle azioni del concessionario) il quieto vivere prevale e la cattura del regolatore non fa notizia, a meno che non accada qualcosa di deflagrante, come la caduta del ponte Morandi. Bisogna dare atto al vertice di governo e al partito di maggioranza relativa, il M5s, di aver assunto dopo la tragedia una posizione dura e decisa che ne ha aumentato il potere contrattuale e portato alla fine a un esito che ribalta del tutto la logica della cattura del regolatore. Ormai gli accordi, le riforme, i decreti si annunciano quando sono abbozzati per grandi linee prima che vengano definiti tutti i particolari che spesso in realtà sono decisivi per valutare tutto l’insieme.

È questa parte essenziale e non il tutto nei dettagli che possiamo giudicare oggi. Le notizie ci dicono che il braccio di forza del governo ha prodotto un accordo con misure compensative a carico del concessionario fino a 3,4 miliardi, il rafforzamento dei controlli, la rinuncia da parte dello stesso a giudizi e a risarcimenti sulle attività di ricostruzione del ponte, maggiore moderazione tariffaria e sanzioni più severe in caso di violazioni da parte del concessionario. E infine, punto decisivo per il futuro assetto proprietario di Autostrade per l’Italia, aumenti di capitale dedicati e cessione di azioni da parte di Atlantia a Cassa Depositi e Prestiti o a investitori ad essa graditi che significa passaggio del controllo dal privato al pubblico.

Molti commenti a caldo alla vicenda sono improntati a logiche sbagliate. Il tema non è se il governo abbia 'punito' adeguatamente o meno i Benetton.

Decisioni come la revoca immediata avrebbero prodotto contenziosi infiniti e danni per i contribuenti. Ad Autostrade si concede una via d’uscita tutto sommato onorevole che non apre un conflitto legale infinito e allo stesso tempo realizza l’obiettivo di un cambio di gestione.L’obiettivo non era e non doveva essere quello di mettere in ginocchio un’azienda importante del nostro Paese nonostante i suoi limiti.

Il tema era se a partire da questa tragedia fosse possibile ritrovare quell’equilibrio nella gestione di un’infrastruttura così importante come la principale concessionaria autostradale italiana tra remunerazione del capitale privato del gestore e benessere dei cittadini-utenti (nelle diverse dimensioni del costo delle tariffe, della qualità del servizio e della sua sicurezza). Un buon accordo nelle sue linee fondamentali non basta a garantire un futuro virtuoso.

Aspettiamo i dettagli per quanto riguarda la cessione delle quote di Atlantia (anche qui non deve essere punitiva, ma neanche premiare il concessionario) e speriamo che la sfida di coniugare controllo pubblico ed efficienza (assieme ovviamente a un aumentato benessere dei cittadini/utenti) sia vinta nel tempo. Se la cattura del regolatore è la patologia più grave in cui si rischia di imbattersi in caso di concessione a privati conosciamo benissimo le patologie altrettanto gravi di un controllo pubblico che sfugge ai criteri di efficienza e finisce nella malagestione (e anche in continui costi a carico dei contribuenti). Per questo bisogna assolutamente impegnarsi da oggi affinché la fatica e il buon risultato di questa vicenda non siano vani.

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