venerdì 24 ottobre 2014
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Sul dissesto idrogeologico Squinzi ha una teoria avvincente. È la teoria dei piccoli passi: «Se è vero che i lunghi cammini cominciano con un piccolo primo passo, diamo atto che questo è avvenuto», ha detto del decreto Sblocca-Italia. Il presidente di Confindustria si riferiva alle misure volte a mitigare il rischio e ad affrontare emergenze già conclamate, come quella di Genova. Teoria che avvince ma non convince. Anche Squinzi se ne rende conto e infatti ha ricordato che servono «risorse finanziarie ingenti e continuative nel tempo, coniugate con una strategia operativa che esca dai proclami ed entri nella risoluzione operativa dei problemi». Il punto debole della teoria dei piccoli passi consiste proprio nella lunghezza del cammino, cioè nel ritardo che l’Italia deve recuperare dopo aver violentato il proprio territorio, che ama a parole e trascura nei fatti. Genova come Pompei: il dramma dell’Italia che frana e si allaga non è diverso da quello dei suoi monumenti che crollano, se non perché il dissesto ha accumulato ben altro passivo di vite umane, oltre che finanziario. Alla base però vi è la medesima attitudine italica ad uscire dai propri problemi a piccoli passi. Che possono condurre all’immobilità. La quale è alleata della confusione. Negli stessi minuti in cui Squinzi sdoganava, con un occhio al volano economico degli investimenti pubblici, la scelta di finanziare le opere anti-dissesto e il governo faceva sapere che stanno per piovere miliardi dall’Europa, la commissione Bilancio suonava campane a morto, annunciando che non c’erano abbastanza soldi per le misure in discussione in Parlamento.  Argomento noto. Su questo giornale ad ogni disastro segue il triste elenco delle opere non fatte e dei miliardi che non ci sono... Ieri Genova si è vista dimezzare gli aiuti. Da un anno Olbia non riesce a spendere i soldi che ha e quella sarda non è certo l’unica situazione bloccata, né il famigerato Patto di stabilità rappresenta la sola zeppa... Oggi, in Italia, per aprire un cantiere bisogna mettere d’accordo una dozzina di istituzioni – ciascuna delle quali approva leggi, regolamenti e circolari tutte sue – e se non si è abbastanza rapidi a completare l’iter arriva lo Stato che – in virtù di una norma recente - si riprende i fondi non utilizzati.  Ma allora, se le nostre finanze esangui impongono la politica dei piccoli passi nel rincorrere le emergenze, forse sarebbe il caso di disboscare quel ginepraio di competenze nel quale, ad ogni disastro, non si riesce a ricostruire le responsabilità. Si risparmierebbe e sarebbe un piccolo passo decisivo.
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