sabato 9 febbraio 2013
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​La lotta alla poliomielite impegna da 23 anni, cioè da quando l’Organizzazione mondiale della sanità lanciò la grande iniziativa per la sua eradicazione, risorse umane e finanziarie enormi. I risultati ottenuti sono notevoli (l’incidenza della malattia è calata del 99%) ma non definitivi: negli ultimi due anni, 14 focolai sono comparsi in Paesi prima liberi, quasi tutti in Africa; in altri tre Paesi, di nuovo africani (Angola, Ciad, Repubblica democratica del Congo), la poliomielite ha ricominciato a trasmettersi per più di 6 mesi; e in quattro Paesi rimane una malattia endemica. Sono India, Pakistan, Afghanistan, e la Nigeria dove ieri 9 volontarie della vaccinazione anti-polio sono state uccise a sangue freddo in due diversi attacchi.Questi pochi dati citati bastano a dare l’idea di quanto sia bestiale colpire chi, indifeso, s’impegna sul fronte di un’emergenza sanitaria che, almeno sotto quell’aspetto, confina un grande e ricco Paese come la Nigeria agli ultimi posti delle classifiche mondiali. I primi sospettati per la strage sono i terroristi di Boko Haram, la setta di estremisti islamici che ha già fatto migliaia di vittime, si accanisce contro i cristiani e si è data un nome che, non per caso, significa «l’educazione occidentale è peccato».Ed è proprio quest’ultimo particolare a mettere la questione nella sua esatta prospettiva. La strage dei volontari in Nigeria è stata "giustificata" con l’idea che le vaccinazioni contro la polio siano una copertura per una gigantesca operazione di sterilizzazione di massa, ordita naturalmente dall’Occidente, ai danni della popolazione femminile dell’Africa. Il pregiudizio è stato diffuso a partire dal 2003 dagli imam e da altre autorità islamiche soprattutto nel Nord del Paese, quello a maggioranza appunto musulmana, e ha rapidamente fatto presa, come dimostra l’incremento dei contagi negli ultimi anni. In ogni caso, la tesi del complotto serve a coprire di ideologia i delitti di una banda di fanatici, i quali a loro volta agiscono in nome e per conto dei fanatici che non usano il mitra ma le parole, e precetti religiosi opportunamente distorti.Se guardiamo ai Paesi dove la polio è ancora endemica, vediamo che la strage dei volontari a Kano e Hotoro è la prima di queste dimensioni in Nigeria, ma non è il primo episodio di violenza; che in Pakistan nel solo periodo dicembre-gennaio, di volontari ne sono stati uccisi 16; che in Afghanistan la poliomielite era stata quasi eradicata nel 2010, quando i casi totali furono solo 25, ma l’opposizione violenta dei residui taleban, punteggiata di omicidi (due volontarie uccise negli ultimi mesi del 2012) ha fatto risalire i contagiati a 76.Senza tanti giri di parole: all’eliminazione totale e definitiva della polio si oppone non la povertà, la mancanza d’igiene, la tradizione o una qualunque altra condizione "oggettiva" ma solo l’islamismo estremo, quello che vede in qualunque contributo occidentale una minaccia per la comunità e per la solidità di quella fede. Un fondamentalismo che si condanna nel momento stesso in cui ha bisogno di far del male ad altri musulmani (che non hanno bisogno di diventare poliomielitici per osservare il loro credo) pur di affermare le proprie ragioni. Non a caso in Afghanistan, Pakistan e Nigeria vengono uccise soprattutto le volontarie, donne che ben conoscono i drammi delle famiglie.Non va, però, nemmeno nascosto che a questo dogmatismo della morte fornisce qualche strumento di propaganda un’altra forma di integralismo, quello di certe istituzioni occidentali e di molti maître à penser per i quali i problemi dell’Africa o del Terzo Mondo si possono affrontare solo passando per una riduzione forzosa delle nascite. Un’altra soluzione è possibile, e sono proprio persone come le volontarie assassinate a dimostrarlo.
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