Le barricate vanno fatte contro il coronavirus
domenica 4 ottobre 2020

Appare un po’ surreale e fuori luogo, la polemica scatenatasi sul finire della scorsa settimana all’annuncio del governo di voler proporre al Parlamento la proroga dello stato di emergenza per pandemia. Polemica aperta come per un riflesso condizionato, recitando uno spartito già scritto, che stona con la preoccupazione sche ha preso in questi giorni gli italiani di ogni opinione politica alle prime avvisaglie di una seconda ondata del virus che altrove è gia in corso. Le barricate alzate in Parlamento a fine luglio contro uno «stato di emergenza che vede solo il governo» e una presunta «dittatura sanitaria» sono state smentite dai fatti, che hanno mostrato anche durante i mesi estivi un Paese «serio» – per usare l’immagine del presidente Mattarella – fronteggiare meglio di altri il ritorno dei contagi, con un forte protagonismo di Regioni e Comuni di diversi colori politici nel fare i conti con le prime avvisaglie di focolai, senza perdere giorni preziosi in attesa di direttive dall’alto. È il «metodo Vo’», sperimentato in Veneto, Regione governata dal centrodestra, la cui gestione è uscita ampiamente promossa nel responso delle urne, a dimostrazione che le epidemie, come tutte le sventure, paga più affrontarle che negarle.

Ci siamo lasciati alle spalle un mese di settembre che, nei pronostici peggiori, doveva essere quello delle sommosse e delle rivolte di piazza, e invece è stato il mese in cui si è affacciato qualche timido segnale di ripresa, contrassegnato di recente da un chiaro cambio di passo anche dei vertici di Confindustria che hanno optato, dopo l’iniziale muro contro muro, per la linea del dialogo costruttivo col governo. Se rivolta sociale non è stata, va detto, lo si deve agli interventi di emergenza decisi dal governo tanto quanto agli ammortizzatori sociali 'sussidiari' di cui il nostro Paese è straordinariamente dotato, ossia famiglie e volontariato. Le misure assistenziali poste in essere dallo Stato, però, non potranno essere eterne nella loro dimensione attuale.

Ed ecco il punto. Non aveva senso alzare le barricate, a fine luglio, per una proroga in versione smart, corredata - con la discreta mediazione del Quirinale - dall’impegno di far rientrare anche il discusso strumento del Dpcm in una dinamica di preventiva autorizzazione e successivo controllo da parte del Parlamento. E ha ancora meno senso rialzarle ora che la curva dei contagi di Covid-19 torna a crescere, mentre l’impennata tutt’intorno ai nostri confini ha convalidata la scelta prudente (e tanto avversata) del governo. Potremmo invertire il ragionamento e chiedere: c’è davvero qualcuno, nella maggioranza o all’opposizione, che se la sentirebbe in questa situazione di sospendere le misure emergenziali che hanno sin qui dato buona prova?

Ma allora, come un tifoso non può che felicitarsi per i buoni risultati della propria compagine anche quando non ha simpatia per l’allenatore, sarebbe auspicabile di fronte alle enormi difficoltà, far prevalere uno spirito patriottico da parte di tutti e a tutti i livelli istituzionali. Certo, da una opposizione seria non ci si possono attendere applausi o sconti per il governo, e non è che manchino terreni in cui intervenire con critiche anche serrate. Appare altrettanto surreale, infatti, che partiti di governo su cui grava una eccezionale responsabilità si balocchino in dispute di potere, laddove ben altre sarebbero le priorità.

Questa Europa, che viene sempre descritta come franco-tedesca, ha inteso destinare all’Italia – terzo 'grande' ferito – risorse senza precedenti, le più cospicue tra tutte. A una simile apertura di credito non si può rispondere con trattativa partitica del tipo 'un tanto a te un tanto a me'. L’Europa non ce lo consentirebbe. E bisogna aggiungere: meno male. Serve, ora, una 'visione' italiana. Della maggioranza e dell’opposizione e dell’intero assetto istituzionale (Regioni e forze produttive comprese) per essere all’altezza di questa sfida.

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