sabato 11 febbraio 2012
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La notizia è di quelle che squarciano il velo su scenari, se non inediti, certo inquietanti. Soprattutto per la loro proporzione. A Caravaggio, nella Bassa bergamasca, su 179 domande per la riduzione del costo della mensa scolastica, 149 si sono rivelate irregolari. Addirittura l’83% aveva falsificato la propria situazione economica, per risultare 'povero' senza esserlo. Solo 30 famiglie, infatti – 12 italiane e 18 di cittadini stranieri – avevano effettivo diritto agli sconti, previsti secondo diverse fasce di reddito. Per il resto, 17 hanno ritirato la domanda appena sono state richieste le 'pezze d’appoggio' per comprovare le dichiarazioni presentate. Altre 27 non sono state in grado di fornire documentazione e in 104 casi si sono riscontrati, diciamo così, 'errori & omissioni'. C’era chi aveva dimenticato di essere proprietario di un immobile (lo acquistano a tua insaputa...), chi non pensava proprio di dover dichiarare anche il secondo reddito, oltre quello del capofamiglia, e chi quei 50mila euro in titoli di Stato (ma da dove saranno sbucati?) proprio non credeva di doverli indicare nel modello Isee.A Caravaggio, poi, la memoria sulle disponibilità finanziarie deve proprio far difetto (sarà l’aria fine?) se su 11 richieste per usufruire dell’assegno di maternità, ne sono state respinte 9 perché mancavano i requisiti e 2 sono state ritirate dalle interessate non appena fiutato il sentore di un controllo. Se poi si allarga l’orizzonte al territorio circostante, ecco la Guardia di Finanza a testimoniare che nella Bergamasca il 40% delle varie agevolazioni richieste era stata presentata da 'furbetti', che avevano omesso di dichiarare porzioni di reddito, risultando così 'poveri' o poco più. Aggiungeteci lo scandalo dell’affittopoli bergamasca, quello delle partite truccate dell’Atalanta, e ce ne sarà abbastanza perché qualche osservatore parli di una «questione morale» sulla quale il laborioso popolo orobico farebbe bene a interrogarsi con urgenza. Fosse accaduto a Bovalino o a Gaeta, nei salotti televisivi avremmo frotte di leghisti a stracciarsi le camicie verdi per lo scandalo di «un Sud che non paga le tasse e si fa mantenere». Se poi le dichiarazioni in mala fede fossero state di cittadini stranieri, avremmo rischiato la caccia all’uomo e i bambini sarebbero stati ridotti a pane e acqua. La questione, in realtà, è più profonda. Caravaggio non è certo la Gomorra degli evasori. Piuttosto è lo spaccato emblematico di un malcostume che attanaglia l’Italia intera. Nella quale gli evasori fiscali – sempre esistiti al Nord come al Sud – hanno ormai compiuto un salto nell’evoluzione della specie. Non si limitano più a occultare redditi o a esportare illegalmente patrimoni. Ma sempre più spesso sottraggono attivamente risorse allo Stato e agli enti locali, lucrando benefici ai quali non hanno diritto. Non si fanno scrupolo a presentare una domanda ufficiale per l’esenzione dal pagamento dei ticket sanitari, l’assegnazione di case ad affitti agevolati, una borsa di studio o la riduzione delle tasse universitarie, contando sull’impunità finora garantita dagli scarsi controlli. Con un danno enorme per la collettività. In termini monetari – solo a Caravaggio si tratta di 126mila euro l’anno da 'caricare' sulle addizionali Irpef dei cittadini onesti. Ma più ancora sociali. Per chi povero lo è davvero e si vede sottratto anche quel poco, pochissimo, che oggi gli può essere riconosciuto.
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