La trappola dei pasdaran
mercoledì 11 ottobre 2023

Vi è stata una efficacia nell’orrore che ha stupito. E che non è spiegabile solo con il fallimento epocale dell’intelligence israeliana o con lo sbaglio pagato a così caro prezzo di puntare massicciamente sulla tecnologia per presidiare le frontiere con Gaza. Il salto di qualità nelle capacità militari di Hamas viene ora spiegato soprattutto con l’aiuto e l’addestramento fornito dalla Repubblica islamica dell’Iran, che da anni sostiene questo movimento, al di là delle differenze religiose. Una collaborazione nota e ampiamente tracciata e che si è andata intensificando nel tempo, per quanto negata da Teheran. Sui media occidentali si stanno sottolineando le ragioni che avrebbero portato l’Iran a sostenere – attraverso le forze speciali dei pasdaran (le potentissime guardie rivoluzionarie) – l’attacco di Hamas contro Israele.

Viene citata la necessità iraniana di fermare o indebolire l’avvicinamento dell’Arabia Saudita verso lo Stato ebraico, infiammando anche le piazze arabe, dato che la ritorsione del governo di ultradestra israeliano si sta rivelando devastante per i civili palestinesi, imprigionati in una Gaza privata di acqua, cibo ed energia. E allo stesso tempo, il terribile, clamoroso e inaspettato successo di questo attacco serve anche da monito ai tanti vicini che diffidano di Teheran.
Tutte osservazioni condivisibili, ma che evidenziano uno sguardo occidentale verso questi eventi. Perché, se davvero i pasdaran hanno collaborato e aiutato a pianificare questa offensiva, bisogna considerare anche un altro fattore “interno”, ossia quello della necessità per le forze di sicurezza iraniane di ricostruire la propria immagine minata dai tanti colpi che i servizi segreti israeliani hanno inferto loro in questi anni.

Tanto dentro il Paese, quanto nella regione, i pasdaran erano ormai visti come incapaci di opporsi alla superiore efficienza del Mossad: uccisioni di scienziati nucleari e alti ufficiali militari dentro l’Iran, anche organizzati con tecniche da film d’azione; colpi chirurgici contro le basi e gli uomini dei pasdaran in Siria, Iraq, Libano. Un danno alla loro immagine e al loro prestigio che è costata anche la carriera a diversi dei loro capi. Ma chi conosce l’Iran, sa che le sue forze di sicurezza cercano la ritorsione, o la semplice vendetta, in modo asimmetrico, lavorando con pazienza per anni. Ne sanno qualcosa i membri superstiti del movimento dei Mujaheddin-e Khalq, un gruppo che – soprattutto negli anni 80 e 90 – è stato responsabile di molti attentati terroristici.

Ebbene, i pasdaran hanno saputo colpirli anche a distanza di decenni, scegliendo a volte come data delle loro operazioni l’anniversario di quegli attentati. Ovviamente, Teheran non ammetterà mai tutto ciò; ma è significativa la loquacità del leader supremo Ali Khamenei; il suo “baciare le mani” a chi ha organizzato l’attacco sembra indicare una indiretta lode pubblica anche alle sue stesse forze di sicurezza. Quest’ultime avevano inoltre bisogno di vendicare le umiliazioni subite per riaffermare quanto si dice spesso in Medio Oriente, ossia che solo l’Iran e i suoi alleati possono sconfiggere Israele. Nel 2000, Hezbollah spinse a un precipitoso ritiro dal Libano le truppe con la stella di Davide dopo 18 anni di occupazione; nel 2006 sempre il movimento sciita libanese riuscì a resistere per più di un mese agli attacchi voluti dall’allora premier Sharon.

Ora questa mattanza crudele, sempre con l’ombra dei potenti pasdaran. La tentazione di Israele, lo hanno promesso molti dei suoi politici, è di ripetere il motto di un generale coloniale inglese: «Dimostriamo a questi selvaggi che possiamo essere più selvaggi di loro». Sarebbe un nuovo errore. E non solo perché l’immane strage subita non giustifica l’uccisione di donne, uomini e bambini palestinesi innocenti; ma perché è questo che le forze estremiste e i pasdaran si aspettano: avere migliaia di morti da mostrare nell’inferno di Gaza, per rendere impossibile ai Paesi arabi un nuovo ulteriore avvicinamento al governo di Gerusalemme; e, nel contempo, aver dimostrato ancora una volta di essere i soli a poter vincere gli invincibili.

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