Il mite e obbediente esempio che ci fa più forti
martedì 17 aprile 2018

La sua vita è un libro aperto. Un libro che chiunque può leggere, gustare, meditare. Benedetto, un papa amato e venerato dai cattolici, apprezzato e stimato da tanti uomini di buona volontà. Un Papa tedesco, che fu amico e collaboratore di un Papa slavo, che ha lasciato la guida della Chiesa a un Papa argentino. Tre papi, tre modi diversi di fare, di pensare, di agire. Sensibilità, esperienze, visioni del mondo diverse. Ma tutti con la consapevolezza di essere «servi inutili» del Cristo crocifisso e risorto. Soli Deo gloria. A Benedetto, nel corso della vita, la Provvidenza ha continuamente sconvolto i piani e lui l’ha lasciata fare. «Lo Spirito soffia dove vuole e tu non sai da dove viene né dove va».

C’è un solo modo di essere certi della volontà di Dio: imboccare con gioia la strada che ti indica senza chiederti dove ti farà approdare. Orgoglio e vanagloria non hanno mai reso un buon servizio agli uomini. Joseph Ratzinger: dalla Germania a Roma. Un intellettuale, un teologo, un pastore a servizio della Chiesa universale. Un lavoratore instancabile, rigoroso, riservato, umile. Arso dalla Verità che ci fa liberi, da cardinale, non esitò a denunciare anche le «sporcizie» all’interno della Chiesa. Su di lui si concentrarono le attenzioni degli elettori al Conclave dopo la morte di Giovanni Paolo II. Chi meglio di lui avrebbe potuto succedere a quel gigante che già tutti dicevano santo? E Ratzinger, ancora una volta, disse sì. All’età in cui gli uomini lasciano lavoro e responsabilità per godersi il meritato riposo, accettò di salire sulla cattedra di Pietro.

Che varietà di stile con il predecessore da lui tanto amato, servito, venerato. Anche per questo la Chiesa è bella. Ognuno porta il suo contributo, la sua originalità, i suoi talenti, la sua santità. Imparammo ad amarlo subito, Benedetto XVI. Non fu difficile, a dire il vero: era ed è una persona amabile. Lo sentimmo nostro. Qui vorremmo limitarci a ricordare il coraggio di questo Papa mite. Quando, sbalordendo la Chiesa e il mondo, otto anni dopo, diede le dimissioni dal Soglio pontificio.

Avanti negli anni e rendendosi conto che le forze venivano a mancargli, dopo aver pregato, sofferto, chiesto luce al Signore, umilmente ma fermamente, decise che un altro dovesse prendere il suo posto. Poteva farlo. Il Diritto Canonico glielo permetteva, ma erano secoli che non accadeva. Anche in questo fu rivoluzionario. Ai diritti si può rinunciare ai doveri no. E Ratzinger sentì che fare quel passo fosse suo preciso dovere. Ebbe la certezza che fosse volontà di Dio. E obbedì. Ancora una volta obbedì. Fummo presi in contropiede. Soffrimmo. Quando l’elicottero che lo conduceva a Castelgandolfo, prese a girare attorno alla cupola di Michelangelo a noi sembrò di vedere una gigantesca ape ferita che dolorosamente si allontanava dal fiore. Anche il motore sembrava che piangesse. I sentimenti che invadevano il cuore del vecchio Papa in quei momenti possiamo solo immaginarli. Seguirono giorni tristi ma intrisi di preghiera e di speranza.

Mai come allora fummo accanto al Pontefice. A casa, in chiesa, sul posto di lavoro non si parlava che di lui. Dopo il freddo inverno, però, la primavera non tardò ad arrivare. E una sera, poche settimane dopo, dal balcone della basilica più famosa del mondo, un altro uomo vestito di bianco si affacciò. Non sapevamo chi fosse, ma il cuore era in subbuglio. «Buonasera» disse, e il magone che ci serrava la gola scomparve. Avevamo il Papa. E potevamo godere ancora della presenza del suo emerito predecessore, un padre buono e generoso che avrebbe continuato a camminare con noi, a farci dono della sua sapienza, della sua santità. La Chiesa non è nostra, è di Dio.

E Francesco quella sera stessa telefonò a Benedetto chiedendogli di accompagnarlo con la sua preghiera. E Benedetto promise obbedienza e si rallegrò con il Santo Padre. E mentre Francesco, in mezzo a marosi di ogni tipo, con fermezze a tenerezza, guida la Sposa di Cristo, Benedetto, nel nascondimento, prega, medita, soffre, si offre. Per tutti, ma soprattutto per il suo successore, ben sapendo quanto grande sia la gioia e la responsabilità di colui che conduce la barca di Pietro al porto della salvezza. Caro papa Benedetto, anche se non ti vediamo, sappiamo che ci sei e ci basta.

Nel giorno del tuo compleanno, con la fantasia scavalchiamo le mura leonine e corriamo a baciarti la mano. Non ti abbiamo dimenticato né smesso di volerti bene. Ti incontriamo nei tuoi libri, nelle tue encicliche, nelle tue interviste. Continuiamo a imparare da te, dal tuo esempio, dalla tua fede, dal tuo coraggio. E dalla tua obbedienza. A Dio, alla Chiesa, a papa Francesco. Grazie, padre. Continua a pregare per noi e per questo mondo tormentato e bello. Con te, radice nascosta nel cuore del cuore della Chiesa, ci sentiamo tutti più sicuri. Auguri.

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