Urgente realtà i richiami del premier
venerdì 27 gennaio 2017

«Ciascuno faccia il proprio dovere». Con queste parole il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni ha concluso il suo intervento al Senato sul dramma dell’Hotel Rigopiano. “Ovvio”, si penserà. E anche “troppo generico”. Chi, infatti, non sarebbe d’accordo? A parole però. La realtà è un’altra cosa. Soprattutto quando si parla di emergenze, e di protezione civile. Gentiloni, però, è stato tutt’altro che scontato e generico. Perché, poi, ha aggiunto: «Le leggi ci sono, gli indirizzi ci sono. C’è da fare il proprio dovere, prendendo decisioni, firmando ciò che bisogna firmare, procedendo sugli indirizzi e seguendo le leggi che il nostro ordinamento prevede».


Ma a chi parla il premier? Lo spiega lui stesso in quello stesso intervento. Cita il sistema centrale della Protezione civile, le Regioni, i sindaci, i dirigenti pubblici e l’intera pubblica amministrazione. Parla del Servizio nazionale di protezione civile che, come abbiamo scritto tante volte, è un sistema complesso e articolato, centrale e soprattutto periferico. Per capire meglio basta andare sulla home page del sito del Dipartimento nazionale dove da alcuni giorni, dopo le accuse su ritardi e inefficienze, si possono legge delle spiegazioni molto chiare.

«La protezione civile non è un compito assegnato a una singola amministrazione, ma è una funzione attribuita a un sistema complesso». E ancora: «Il Servizio nazionale ha come sue componenti le Amministrazioni centrali dello Stato, le Regioni e le Province Autonome, le Province, i Comuni e le Comunità montane» e «opera a livello centrale, regionale e locale, nel rispetto del principio di sussidiarietà». E questo cosa vuol dire? Che – si legge ancora – «la prima risposta all’emergenza, qualunque sia la natura e l’estensione dell’evento, deve essere garantita a livello locale, a partire dalla struttura comunale, l’istituzione più vicina al cittadino. Il primo responsabile della protezione civile in ogni Comune è quindi il sindaco».

Solo «quando l’evento non può essere fronteggiato con i mezzi a disposizione del Comune, si mobilitano i livelli superiori attraverso un’azione integrata e coordinata: la Provincia, la Prefettura, la Regione, fino al coinvolgimento dello Stato in caso di emergenza nazionale». In questo sta quel «fare il proprio dovere» sottolineato dal premier. E ognuno ha il suo. Non tocca alla struttura centrale pulire le strade dalla neve. Tocca a Comuni e Province, coordinate dalla Regione. Ma devono avere mezzi sufficienti ed efficienti, predisposti nei periodi tranquilli per operare, poi, in quelli dell’emergenza. Se non ci sono – e proprio questo è “non fare” il proprio dovere – scatta il principio di sussidiarietà.Da Roma si cerca chi i mezzi li ha – e che quindi ha fatto il suo dovere – e li si fa giungere dove servono. Gioco di squadra, ma coi tempi che si allungano. Non è possibile che una regione di montagna come l’Abruzzo non abbia mezzi sufficienti ed efficienti (e questo avviene anche in tante regioni del Sud).

Certo la nevicata è stata eccezionale ma non siamo in riva al mare. E è intollerabile che per un terremoto, come quelli degli ultimi mesi, crollino i municipi cioè i luoghi da dove coordinare a livello comunale gli interventi di protezione civile. Ed è ancor meno tollerabile che la Carta di localizzazione dei pericoli di valanghe, prevista da una legge regionale del 1992, oggi «a causa della esiguità dei fondi da dedicare all’attività di censimento e ricerca, riguarda una piccola parte del territorio regionale montano». Non quella del Rigopiano, appunto. Lo scrive sul suo sito la Protezione civile regionale. No, non è davvero «fare il proprio dovere» risparmiare sulla sicurezza. Responsabilità locali, dove è più facile fare i sindaci capopopolo del “dopo emergenza” che i sindaci responsabili del “prima”. Forse perché uno spazzaneve in più o esercitazioni dei cittadini non portano voti.

Non è chiudendo le scuole “dopo” che si fa protezione civile, ma rendendole sicure “prima”. E ci sono, certo, anche responsabilità centrali. Pure del Parlamento che, ha detto ancora Gentiloni, «deve migliorare, discutere e approvare rapidamente» le norme per l’emergenza. Proprio per questo non è «fare il proprio dovere» tenere ferma al Senato per un anno e quattro mesi, come abbiamo denunciato una settimana fa, la necessaria riforma del Sistema di protezione civile approvata dalla Camera il 23 settembre 2015. Ieri, finalmente, il “via libera” delle commissioni di Palazzo Madama. Ma solo dopo i morti del Rigopiano. Morti del mancato dovere. Sia chiaro: questo non è «voglia di capri espiatori e di giustizieri», e bene ha fatto il premier a sottolinearlo, ma «ricerca della verità». Soprattutto per fare finalmente tutti, proprio tutti, il nostro dovere.

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