I «sogni dei vecchi» sono sempre dono
domenica 28 maggio 2017

«Il Papa crede alla capacità dei vecchi di sognare», ha detto il cardinal Bassetti non appena eletto presidente della Conferenza episcopale italiana. Una frase suggestiva e fortemente evocativa per chi frequenta la Parola biblica, dove molti sono i vecchi sognatori: da Abramo a Simeone, dagli antichi profeti alle 'nonne' del Nuovo Testamento. A dispetto del luogo comune che a sognare siano portati i giovani e i bambini, la Bibbia narra delle visioni che Dio regala agli anziani, talvolta centenari e ormai difficili a sperare. Allorché i giorni si son fatti cumulo di memoria ed è sottile il tempo da venire, sembra finito quello di sognare. La ragione è semplice: i sogni hanno bisogno di uno spazio e di un tempo dove depositarsi e diventare realtà.

Per questo ai sogni dei vecchi viene legato un detto: «Nulla è impossibile a Dio» (Luca 1,37). Fu così che la storia della salvezza biblica mosse da un sogno: quello del vecchio Abramo, ricco e deluso, perché sterile di figli e di qualsiasi possibile altrove. Perfino la ricchezza terrena saliva al suo cuore come una beffa per quel muro di buio che si stendeva fitto sul cielo del futuro. Ma proprio in quel cielo, divenuto muto, si aprì, all’improvviso, un sillabario di stelle ad annunciare un incredibile mattino. E Abramo, uscì dalla sua tenda di carne e si fece sguardo assorbito dal Sogno. Dalle 'viscere' della fede in quel Sogno, si aprì il fiume di generazioni e generazioni. Un futuro che scorre nel presente. Più elementi distinguono i sogni dei giovani da quelli dei vecchi.

Uno è che mentre ai primi sognare viene spontaneo e istintivo, ai secondi esso chiede speranza e intensa intelligenza. Un secondo elemento è questo: mentre i giovani si fanno carico della 'gestazione' del proprio sogno, i vecchi non potrebbero, neppure volendo. E qui si innesta la cosa più intrigante: i vecchi sono costretti a regalare i loro sogni, consegnarne ad altri i mirabili 'pacchetti'. Ci vuole chi sia pronto ad accoglierli e a farsi luogo di realizzazione. Così i sogni dei vecchi sono la goccia di memoria aperta, che si depone su un terreno nuovo e neppure da loro conosciuto. Per custodire i sogni la fede dei vecchi non va, pertanto, solo verso Dio, ma pure alle creature, agli amici, ai compagni, ai figli e ai nipoti. L’unica conoscenza che hanno di quel futuro è la fiducia e la gioia della condivisione. Sì, l’umanità ha bisogno anche oggi di 'pacchetti' di bellezza da realizzare.

Di un cielo che si screzi di parole di speranza. Di un sogno che rompa gli apparati ottusi e li trasformi in membrane sensibili e significative, vitali alla storia attuale. Del sogno della pace che è lavoro ed impegno per l’abbattimento dei muri, così come rinuncia, dell’uno o dell’altro, a porsi come un assoluto. E la Chiesa ha bisogno dei sogni dei vecchi, di quelli che appaiono come «l’impossibile», quelli che rompono la convinzione che essa stessa sia «irriformabile». La «riformabilità» è, infatti, uno statuto della Chiesa; il primo atto in questo senso fu – non per nulla – il Concilio di Gerusalemme (cfr. Atti degli Apostoli 15). Ha bisogno di annunciare un Dio che sia estraneo a ogni ragione di violenza e di guerra e di uno Spirito che sia il grande 'traduttore simultaneo' tra i vicini e i lontani, di fede, di cultura, di pelle, di stato sociale.

Abbiamo bisogno del sogno dell’inizio della fede cristiana quando una vecchia signora - Elisabetta - non temette di credere di mettere al mondo un figlio, pur essendo «avanzata negli anni»; ma ebbe la forza e il coraggio di credere a quel «dono impossibile di Dio» che fu Giovanni, venuto nel suo grembo come profeta per riformare e per ridare vita alla fede dei Padri. La Chiesa chiede il sogno della profezia, dell’umiltà, dell’ascolto, dell’accoglienza, dello sguardo sul prossimo. Del riconoscere la dignità di ciascuno, della testimonianza dell’amore e della comunione. Del sentimento e della trascendenza dell’a/Altro.

Dai Pastori all’intera comunità. Di un laicato adulto, ammesso, a sua volta, a sognare ed a 'consegnare' il suo sogno. Giuseppe, padre adottivo di Gesù, sia l’esempio più limpido per questo nuovo inizio: quattro furono i sogni in cui gli apparve un Angelo. Gli chiese ogni volta di credere e abbracciare il Sogno di Dio per lui: quello di essere Sposo e Padre. Non pretendendo alcunché da loro, ma prendendosi cura di «Gesù e sua madre». Giuseppe lo fece. Il vescovo Gualtiero lo ha fatto. E da presidente della Cei ci ha subito detto di aver chiaro il suo compito.

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