La gentilezza una cura straordinaria
mercoledì 16 dicembre 2020

Caro direttore,
dico subito che questa riflessione prende le mosse da quella bellissima sulla gentilezza che Salvatore Mazza ha sviluppato sabato 21 novembre nella sua rubrica settimanale, collegandola alle vicende di chi oggi soffre e ha bisogno di assistenza e di cure. Francesco ha scritto in Fratelli tutti: «È ancora possibile esercitare la gentilezza. Ci sono persone che lo fanno e sono stelle in mezzo all’oscurità »; e in un altro passo: «La pratica della gentilezza non è un particolare secondario né un atteggiamento superficiale e borghese. Dal momento che presuppone stima e rispetto, quando si fa cultura in una società trasforma profondamente lo stile di vita, i rapporti sociali». La gentilezza deve caratterizzare una medicina che vuole davvero essere capace di cura, appunto quasi «una stella in mezzo all’oscurità» rispetto alla condizione di tante persone sofferenti.

«Ci trattarono con gentilezza»: è un passaggio degli Atti degli Apostoli nel quale viene descritta l’accoglienza riservata a san Paolo e ai suoi compagni di viaggio sull’isola di Malta in seguito al loro naufragio in mare. Dopo l’esperienza drammatica della tempesta, la gentilezza con la quale vengono ospitati permette il ritorno alla vita serena. Il testo dice che Paolo come ringraziamento opera alcune guarigioni, oltre a favorire la conversione degli isolani.

La gentilezza permette di superare le barriere che talvolta erigono quelli che chiedono aiuto, i silenzi di chi non ha nemmeno il coraggio di chiedere soccorso o è troppo orgoglioso per farlo, i rifiuti di chi, pur essendo in difficoltà, non ha la capacità di accettare la mano tesa. La gentilezza è il segno esteriore di una moralità profonda, di un desiderio sincero, che si esprime con atti visibili, della volontà e della capacità di essere utili per alleviare la sofferenza psichica e fisica dell’altro. Inoltre, la gentilezza non è mai noiosa, ripetitiva, pesante, intrusiva, ma sempre lieve, pur senza perdere di concretezza, e quindi di serietà e credibilità. Una delle espressioni della gentilezza è l’affidabilità, modalità per dare alla relazione un tono normale, di rapporto facile e concreto, stabile, che induce fiducia nel-l’altro, il quale così non deve ogni giorno preoccuparsi se i sentimenti positivi sono o meno destinati a durare nel tempo. Questa gentilezza percorre anche le strade della medicina più vera.

La gentilezza nei rapporti tra le persone è una testimonianza che va controcorrente e, come tale, rischia talvolta di non essere nemmeno compresa: perché un atto di cura, un sorriso, un gesto sereno in un mondo di persone distratte, lontane, prive di sentimenti di vicinanza? Talvolta, la gentilezza deve superare sé stessa, quando le circostanze vanno nel senso contrario; è stato sostenuto che, ad esempio nel lavoro di cura rivolto a persone affette da malattie di lunga durata, che impongono disponibilità sulle 24 ore, bisogna 'essere santi' per non reagire in modo brusco, dimenticando gli accenti della gentilezza. Ma in questi casi si gioca davvero la grandezza di un’umanità che non perde le sue fondamentali caratteristiche.

La gentilezza deve essere un comportamento 'normale' nei servizi dove si prestano cure di valenza clinico- assistenziale, in particolare quando sono dedicati a persone fragili, come l’anziano. Questi, soprattutto quando presenta una compromissione delle funzioni cognitive, è sensibilissimo alle modalità con le quali viene avvicinato, toccato, sostenuto. La gentilezza si esprime in un tono di voce senza accentuazioni, in una carezza che accompagna il contatto tattile, in un volto sereno, sorridente. Frequentemente la persona non conserva memoria razionale di quanto ha ricevuto, ma un sentire positivo che dura nel tempo. La gentilezza si potrebbe dire che viene interiorizzata e determina conseguenze sul piano della qualità della vita; anche se la risposta non è razionale, resta un sottofondo di vita serena, esso stesso una cura. Oggi il richiamo alla gentilezza è particolarmente necessario; bene ha fatto il Papa a ricordarcelo, mostrando, ancora una volta, la sua tempestività nell’intervenire sui nodi più delicati della nostra convivenza.

Presidente dell’Associazione italiana di Psicogeriatria

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