giovedì 17 maggio 2012
COMMENTA E CONDIVIDI
​Le lezioni amministrative parziali hanno rallentato, com’era forse inevitabile, il dialogo sulle riforme politiche. Giorgio Napolitano ha invitato i partiti a superare le divergenze per realizzare le modifiche costituzionali sulle quali c’è un sostanziale accordo e a decidere sulla «ineludibile» riforma del sistema elettorale, per evitare rischi di ingovernabilità. Il segnale venuto dall’elettorato deve essere compreso soprattutto nella sua richiesta di rinnovamento, che esprime insoddisfazione e stanchezza, ma anche un’indicazione precisa sull’esigenza di un’autoriforma della politica, a partire dalla questione del finanziamento. Al di là degli scandali che hanno investito la Margherita e che ora vedono al centro delle inchieste la Lega Nord e la figura stessa di Umberto Bossi, è evidente che il sistema attuale appare sempre più impresentabile. Un campanello d’allarme è venuto, oltre che dai risultati elettorali nostrani, dalle elezioni in Grecia, che hanno portato quel Paese a una condizione assai vicina all’ingovernabilità. Non è il primo avviso in questo senso: il Belgio, Paese dall’economia meno devastata di quella ellenica, ha atteso per un anno e mezzo dopo le elezioni che si formassero una maggioranza e un nuovo governo, per altro succube di spinte separatiste tra le due comunità linguistiche vallone e fiamminga.Il sistema politico italiano è arrivato assai vicino all’ingovernabilità, che è stata evitata solo dall’iniziativa del Quirinale che ha indotto i maggiori partiti a sostenere un governo indipendente fino alla scadenza elettorale. Quel rischio si ripresenterà, forse addirittura ampliato, quando nella primavera prossima la parola passerà al corpo elettorale, visto che le coalizioni tradizionali non sembrano riproponibili. La riforma elettorale deve assicurare la rappresentatività, che è stata lesa gravemente dal sistema dei "listoni" bloccati nazionali, e nel contempo garantire la governabilità. Il sistema attuale affida la governabilità essenzialmente a un premio di maggioranza che scatta a favore del partito o della coalizione che ottengano la maggioranza relativa nel voto per la Camera dei deputati, trasformandola in maggioranza assoluta. Il sistema diverso, basato su premi su base regionale, che vige per l’elezione del Senato (se resterà in piedi il bicameralismo perfetto e ripetitivo che tutti dicono da decenni di voler superare) fa sì che neppure il colossale premio previsto per la Camera garantisca la governabilità. Tuttavia quel doppio sistema, con tutti i suoi innegabili difetti, attribuisce a un partito (o a una coalizione) il mandato a governare, da solo o, se necessario, col concorso di altre forze. È auspicabile che una nuova legge corregga il difetto di rappresentatività, il che si può ottenere con vari meccanismi, senza eludere l’altro problema, quello di una dispersione che renda poi complicatissima la definizione di una maggioranza parlamentare sufficientemente coesa, in grado di assumersi la responsabilità di governare una fase che resterà caratterizzata da gravi difficoltà economiche e sociali. Ai partiti, soprattutto a quelli che costituiscono l’attuale maggioranza, spetta la duplice responsabilità di riformare il sistema politico rendendolo più efficiente e di recuperare credibilità, riformando se stessi. Per farlo è necessario mettere da parte i pur legittimi calcoli elettoralistici di fazione, perché un sistema ingovernabile e, magari, ancora privo di un livello decente di rappresentatività sarebbe un danno per tutti e una catastrofe per l’Italia.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: