Dieci anni fa la morte di Andreotti cattolico e padre costituente
sabato 6 maggio 2023

Caro direttore,
oggi ricorrono i 10 anni dalla morte del Presidente Giulio Andreotti, politico cattolico, padre costituente, parlamentare per 68 anni, sette volte premier, ventisette volte ministro. Il giorno dei funerali, nel 2013, Gianni Letta disse che una volta dissolta la polvere della cronaca e delle polemiche, la luce della storia avrebbe reso giustizia su quanto ha fatto Andreotti per la nostra Repubblica. Credo che quel tempo sia arrivato, anche perché, per comprendere il nostro presente, abbiamo bisogno di recuperare la cultura politica di personalità come Giulio Andreotti, che hanno costruito l’Italia e l’Europa.

Recentemente, di fronte al caos che stiamo vivendo in tante zone del mondo, anche intellettuali sempre molto critici su Andreotti, hanno ripensato con nostalgia alla sua politica estera, nella quale il dialogo, la mediazione, la ricerca del “minimo comune multiplo” erano regola e metodo. Il professor Andrea Riccardi ha scritto più volte che Andreotti fu un vero uomo di pace e che la sua arma, anche quando era ministro della Difesa, era il negoziato. Un uomo convinto che la trattativa sia sempre possibile, con una grande capacità di stabilire rapporti politici e personali. Il capolavoro politico di Andreotti furono i Trattati di Maastricht, che avrebbero dovuto accelerare l’unificazione politica dell’Europa e aprire una nuova stagione di rapporti con i Paesi dell’ex blocco sovietico, compresa la Russia. Andreotti, uomo del Patto Atlantico, è stato anche un punto di riferimento per il dialogo in tante situazioni difficili: Palestina, Libano, Siria, Paesi del Nord Africa, Cina, Vietnam. Non si tratta solo di rendere omaggio ad una personalità che lo merita ma, come detto, di recuperare almeno due lezioni.

La prima è quella che non si governa da soli: Andreotti è stato al centro di tante riforme positive per il nostro Paese, ma era lontanissimo dal mito dell’uomo solo al comando, una narrazione che pervade gran parte della politica attuale, sempre alla ricerca di un nuovo salvatore della patria. Andreotti non ha mai stilato una lista delle leggi che ha fatto, o delle soluzioni che ha trovato, per accreditarsi meriti personali, ma sarebbe stata lunghissima, a partire da quando giovane Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ridiede un futuro ai profughi giuliani e risollevò con una legge le sorti del cinema italiano. La seconda lezione è che anche nel momento più difficile si può costruire: in pochi ricordano, ad esempio, che la legge Basaglia, un simbolo di civiltà, venne approvata in un momento buio della Repubblica Italiana, il giorno dei funerali di Aldo Moro, il 13 maggio del 1978.

Alla fine dello stesso anno, con Andreotti sempre a capo del Governo, veniva istituito il Sistema Sanitario Nazionale, che per i suoi principi di universalità è ancora oggi tra i migliori al mondo. Per questo sono d’accordo con il sociologo Giuseppe De Rita, il quale ha recentemente affermato che Andreotti è stato quasi demonizzato sul piano personale, perché la sua politica era inattaccabile. Molti storici hanno pubblicato in questi anni libri seri e rigorosi sulla politica di Andreotti, anche grazie all’immenso patrimonio rappresentato dal suo archivio personale, che è custodito all’Istituto Luigi Sturzo.

Studi che rendono giustizia non solo a lui ma anche ad una generazione di giovani studenti universitari cattolici – tra i quali c’erano Andreotti e Moro – che tra gli anni Trenta e Quaranta, grazie alla Fuci montiniana, maturarono una coscienza democratica e una vocazione politica. L’attenzione che Andreotti ha sempre avuto per gli studenti universitari credo dipendesse molto dall’esperienza vissuta nella Fuci e ricordo ancora con emozione quando nel 2000 lo invitai ad intervenire all’Università La Sapienza, al congresso dei rappresentanti degli studenti delle università europee. Fu una giornata straordinaria, dalla quale nacque un rapporto di amicizia e di guida paterna, che fu fondamentale per noi universitari che iniziavamo il nostro impegno lavorativo nella cooperazione. Andreotti ci insegnò il primato della qualità, al quale la sua generazione era stata educata da san Paolo VI.

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