Chiesa e amore: a colpi di titoli si (dis)informa e banalizza tutto
mercoledì 22 giugno 2022

Caro direttore,

tutti i giornali hanno fatto il titolo: sesso solo dopo il matrimonio, dice il Papa. E sui social migliaia di commenti. A un titolo. Nessuno che si legga il testo, che non è del Papa, ma del Dicastero che si occupa dei laici (ma con la prefazione del Papa). Il testo che nessuno ha letto propone il percorso di preparazione al matrimonio per le coppie cristiane, o almeno per le coppie che vogliano avvicinarsi al matrimonio cristiano. Giovani, vecchie, conviventi, convivende, con figli, con la speranza di figli futuri, credenti, dubitanti. In cammino verso il matrimonio cristiano. Ma l’unica cosa che i giornali riportano e riportano brutalmente è: niente sesso prima del matrimonio. Seguono valanghe di battutine sui social. Come evitare, parlando di sesso, di buttarla in caciara? Sbagliano la Chiesa e il Papa a pensare che sul sesso si possa parlare senza volgarità, come di qualcosa che è profondamente umano? Non lo sanno che va a finire così? Avessero parlato di dieta (anche mangiare è un piacere) sarebbe stato un successo. Chiunque ti dica che il piacere del cibo va contenuto, combattuto, estirpato, diventa un guru. Digiuni, rinunce, limitazioni sono pienamente giustificate. Se il Papa parla di guerra (anche la morte è un istinto), lo si elogia o si dissente. Nel merito. Ma se parla di sesso resta solo il ludibrio, esorcizzato con la battuta. Come se sul sesso non ci fosse qualcosa su cui riflettere, su cui ritrovarsi, o non ritrovarsi. Se la Chiesa fosse un club esclusivo avrebbe già affisso un cartello: astenersi perditempo, qui si parla di matrimonio cristiano; se come genere non vi interessa, rivolgersi altrove. Eppure, tutti quelli che reagiscono alle parole del Papa piccati, come se fossero stati toccati in prima persona, anche se non mettono mai un piede in una chiesa, sembrano convinti che il Papa parli proprio a loro. E forse non hanno torto. Forse parla davvero sempre a tutti. Però bisognerebbe ascoltare, invece che reagire a un titolo di giornale. Siamo tutti convinti che fra ogni nostro desiderio e la sua realizzazione non debba esserci differimento, come fra l’ordine online e l’arrivo del pacchetto alla nostra porta. Ma quando l’oggetto del desiderio è una persona, non funziona così: conoscere una persona ha bisogno di tempo, di cura, di attenzione, di amore. Solo uno sguardo lungo e generoso svela l’altro. E non uno sguardo osservativo, ma uno sguardo che promette, che resta, che fa crescere la fiducia reciproca. E solo se l’altro non è più camuffato da oggetto, come un oggetto fra i tanti, lo incontro davvero. Ma la Chiesa lo sa che prima del matrimonio spesso convivono anche i ragazzi delle associazioni ecclesiali? Non lo sa che già ai dodicenni il cellulare offre qualsiasi prodotto pornografico e che la cosa difficilissima sarà riconnettere quella roba al cuore? Lo sa che dalla commedia romantica al dramma, la sessualità è sempre presentata come la prima tappa di una frequentazione? Ma forse è proprio per questa diffusa idea del sesso come di un consumo accessibile, non differibile, egocentrato, che c’è bisogno di avere il coraggio di riflettere davvero, non semplicemente su una barriera che divide un divieto da un permesso, ma su un cammino di senso, verso la promessa di una vita che possa inverare una parte così profondamente umana della persona.

Maria Prodi


Quasi nulla da aggiungere alla sua appassionata ed efficace riflessione. Grazie, gentile e cara amica (e abbonata). Per questo motivo domenica scorsa, 19 giugno, siamo tornati sulla questione con un bel commento di Luciano Moia intitolato «L’abbraccio solido e aperto della Chiesa alle coppie», e preceduto da un occhiello altrettanto chiaro: «La castità pre-nuziale è un valore, non un metro per allontanare». Anche i titoli possono informare come si deve, basta capire una notizia, spiegarla bene e volerlo fare.

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