Calcoli e miopie nella tenaglia contro il sociale
martedì 7 maggio 2019

Caro direttore, perché Salvini e Di Maio, che da settimane litigano ogni giorno su tutto, sull’attacco al Terzo settore e al mondo della solidarietà procedono in pressoché totale sintonia? Ciò avviene per due motivi, uno elettorale, l’altro culturale. Salvini attacca e cerca di smantellare, nei fatti e a parole (e non è esagerato dire che oggi ne uccide più un tweet che la spada) tutto il precedente sistema che ha cercato di gestire il fenomeno migratorio e anche altre forme di presenza sociale, come le Case famiglia. Questa azione ha una motivazione prevalentemente elettorale: il ministro dell’Interno continua ad additare nemici che pensa siano invisi al suo elettorato di riferimento, per fare il pieno di voti alle elezioni europee. È la stessa tattica usata a suo tempo da Renzi. A ciò si aggiunge una vena di statalismo che da sempre è nelle corde della Lega e che è stata finora temperata dalla alleanza con Forza Italia.

Di Maio e il Movimento 5 Stelle sono invece culturalmente e radicalmente ostili alla sussidiarietà e a ogni forma di protagonismo della società. Per loro lo Stato è l’origine e la fonte di tutto, solidarietà compresa, perché lo Stato è 'onesto', mentre il privato è sempre in qualche modo corrotto oppure teso a fare i propri interessi a danno dei 'cittadini'. Per loro, pubblico è sinonimo di statale. Punto. Andate a rileggervi gli interventi 5stelle della scorsa legislatura durante l’approvazione della riforma del Terzo settore e vedrete. Il combinato di queste due motivazioni, elettorale e culturale, produce come risultato i continui attacchi al Terzo settore, che 'Avvenire' sta meritoriamente cercando di mettere sotto la luce dei riflettori. 'Ripassiamo' i principali atti ostili: il raddoppio dell’Ires per il non profit in legge di bilancio; la dozzina di decreti attuativi mancanti per rendere viva la riforma del Terzo settore (la cui prima responsabilità però ricade sui governi Renzi e Gentiloni); la terribile norma 'anticorruzione', che equipara gli enti non profit ai partiti politici, gravandoli di una serie di obblighi costosi e inutili. Infine in queste pagine, pochi giorni fa, il professor Zamagni ricordava che tutto è fermo anche per quanto riguarda gli «importanti strumenti di finanza sociale, dalle obbligazioni ai prestiti».

Noi ci siamo opposti a questi attacchi nei passaggi parlamentari e continueremo a farlo in futuro. Lo abbiamo fatto in continuità con la storia di Forza Italia. Abbiamo l’orgoglio non solo di non aver mai messo in discussione la sussidiarietà e il Terzo settore, ma soprattutto di aver voluto strumenti come il 5 per mille, la defiscalizzazione delle donazioni agli enti non profit (nota come 'più dai meno versi') e la prima legge per l’impresa sociale. Leggi importanti, che puntavano a rendere il Terzo settore meno dipendente dalla mano pubblica e dunque più libero e responsabile e a coinvolgere i cittadini in una attenzione concreta verso le singole realtà del non profit. Tutto ciò premesso, le elezioni europee costituiscono una grande occasione per 'dire' alle forze di governo che così non si può andare avanti. La prudenza pubblica dei rappresentanti ufficiali del Terzo settore è comprensibile, tuttavia in democrazia se chi governa è ostile, per calcolo o per impostazione culturale, serve una sanzione politica e il voto è lo strumento più concreto per attuarla. Oltretutto è importante portare in Europa forze politiche e parlamentari che siano per la sussidiarietà, perché anche l’Europa spesso pratica lo statalismo. Da qui la duplice importanza delle elezioni del 26 maggio. Una occasione da non perdere.

Deputato di Forza Italia, già coordinatore dell’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà

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