sabato 2 febbraio 2013
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​Caro direttore,
sante parole quelle del presidente della Corte d’Appello di Roma Santacroce: «La Giustizia è una risorsa e non un costo».Purtroppo in questi ultimi decenni la spesa pubblica è stata laconicamente liquidata come uno spreco generalizzato quasi che la sua finalità non fosse assicurare servizi ai cittadini o migliorarne la qualità. Il mito della privatizzazione si sta squagliando e gli episodi che si sono verificati in un settore come quello del credito, nonostante i controlli nell’interesse pubblico cui dovrebbe essere soggetto, documentano come possa essere di assai difficoltosa giustificazione anche il sostegno sollecitato dal sistema bancario . Purtroppo, a differenza di tutti gli altri settori economici, quest’ultimo si sta confermando, oggi come ai tempi della Grande Crisi del ’29, come quello dove, col pretesto di garantire la credibilità del sistema, i responsabili delle imprese possono macchiarsi delle più dolose negligenze e infedeltà senza che le loro imprese spariscano, come accadrebbe in qualunque altro settore produttivo. In questo contesto bisogna guardare alla spesa pubblica, oculata e finalizzata, come la più concreta risorsa di cui disponga il nostro Paese. Questo mutamento di prospettiva può veramente porre le premesse per il superamento della difficile congiuntura attraversata dall’Italia.
Giuseppe Barbanti, Venezia Mestre
Sono d’accordo su un punto essenziale, caro signor Barbanti, la spesa pubblica «oculata e finalizzata» è una forte leva di sviluppo. Soprattutto quando sollecita, sostiene e migliora l’incisività di quanto la società è capace di fare con spirito di impresa davvero "civile". Perché è vero che "pubblico" non è e non può essere sinonimo di spreco e inefficienza, ma non è neanche sinonimo di "statale". Per uscire dalla crisi bisogna che riusciamo a dimostrarlo nella concreta realtà dell’Italia di oggi mettendo in gioco le migliori energie del nostro Paese.
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