venerdì 15 luglio 2016
Il quinto colpo di stato in Turchia dal 1960
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Questo è il quinto colpo di Stato dal 1960. Il premier, da poco insediato, Binali Yildirim, ha cercato di minimizzare, dicendo che si tratta di un’ala dei militari che si sarebbe sollevata. Ma quello che sta accadendo nella notte e sta finendo sui media di tutto il mondo lascia veramente pochi dubbi su che cosa stia succedendo nel Paese. Erano da poco passate le 22, le 219 in Italia, quando i quotidiani turchi hanno iniziato a battere la notizia che l’esercito aveva bloccato l’accesso ai ponti sospesi di Istanbul, come nota da sempre una delle vie di accesso privilegiate alla città. La Dichiarazione del premier Yildirim è arrivata quasi subito: ‘C’è un gruppo dell’esercito che si sta sollevando – ha spiegato il neo primo ministro – noi non lo permetteremo. In un Paese democratico come la Turchia una cosa del genere è inammissibile”. Ma poco dopo dallo Stato Maggiore è arrivata quella che per molti è una doccia fredda: non si tratta di un’ala minoritaria e il Paese appare nelle mani delle forze armate. E mentre la Turchia si prepara a vivere la sua notte più lunga da quando Recep Tayyip Erdogan ha preso il potere, la Mezzaluna ripiomba in un incubo che sembrava avere dimenticato con gli anni della crescita economica e la prospettiva dell’ingresso in Europa. I rapporti fra Recep Tayyip Erdogan e lo Stato maggiore erano sempre stati molto difficili. Il colpo di grazia è arrivato con i successi elettorali di Erdogan del 2007 e soptrattutto il referendum costituzionale del 2010, con il quale i militari erano stati letteralmente impossibilitati dalla legge a intervenire nuovamente nella vita dello Stato. Erdogan aveva cercato di inbedolirle anche con i maxi processi contro Ergenekon, che avevano visto finire davanti ai giudici centinaia di imputati, poi in buona parte assolti, con l’accusa di tentato colpo di Stato. Ma questo non era bastato a fermare quella che per molti decenni è stata una vera e propria istituzione fondante dello Stato, al fianco della magistratura, a proteggere la Turchia laica e moderna creata da Mustafa Kemal Ataturk. Di recente il presidente della Repubblica aveva cercato di creare una nuova sinergia con le forze armate, soprattutto per tenere a bada il confine con l’infuriare della crisi siriana, che ha rappresentato un vero e proprio punto di non ritorno non solo nella politica estera, ma anche nella situazione interna del Paese. I sospetti di collaborazione con Isis, la radicalizzazione progressiva della società hanno fatto il resto. Quel che resta del sogno democratico inseguito da molti turchi che pure hanno votato Erdogan fino al novembre dello scorso anno si è infranto progressivamente nel corso degli anni, quando, a un governo di fondo gradito ai militari, si è andato sostituiendo un governo democraticamente eletto, ma che faceva crescere sempre più dubbi sulla tenuta democratica dello Stato. Per la Turchia ci sono di fronte giorni di caos, dove nessuno sa cosa potrà succedere. Il Paese aspetta gli eventi, fra la notizia di un assalto da una parte e di una sparatoria dall’altra. E ha paura che il passato si ripresenti, con ancora più violenza di prima.
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