venerdì 3 luglio 2020
Tutto cominciò il 15 febbraio 2012: i due militari erano di scorta armata su una nave cisterna su una rotta pericolosa... Ecco come si è svolta la lunga vicenda giudiziaria di Latorre e Girone
Massimiliano Latorre (a sinistra) e Salvatore Girone

Massimiliano Latorre (a sinistra) e Salvatore Girone - Ansa

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Il Tribunale istituito all'Aja ha risolto a sfavore dell'India la questione giurisdizionale e stabilito l'immunità della giustizia indiana di Latorre e Girone. La Farnesina: pronti ad adempiere. (QUI LA VICENDA). Ecco come si svolsero i fatti.

Erano di vedetta sulla nave cisterna “Enrica Lexie” battente bandiera italiana in navigazione in acque internazionali al largo delle coste dello Stato indiano meridionale del Kerala, il 15 febbraio 2012, i fucilieri di Marina Girone e Latorre. I due militari erano di scorta armata con altri quattro commilitoni in una zona e su una rotta, quella dal porto srilankese di Galle a Gibuti, dove gli atti di pirateria non sono rari. Secondo la loro testimonianza, temendo un arrembaggio, dalla nave italiana vennero sparati colpi di avvertimento contro il peschereccio indiano “St. Anthony”, uccidendo – per le tesi dell’accusa – Valentine Jelastine e Ajeesh Pink, due dei pescatori a bordo. L’Enrica Lexie venne intercettata ore dopo e dirottata sul porto indiano di Kochi, dove i due militari italiani vennero fatti sbarcare, messi sotto custodia e in seguito accusati di omicidio in base all’art. 302 del Codice Penale indiano. Ha avuto così inizio una vicenda che ha visto intrecciarsi diritto, politica, nazionalismo e diplomazia.

SOTTO CUSTODIA

Dopo un primo rimpatrio per le festività di fine 2012 e il trasferimento dei due italiani e della giurisdizione sulle indagini dal Kerala a Delhi, a inizio 2013, con il rientro dei militari in Italia per partecipare alle elezioni, si accende la crisi tra New Delhi e Roma. Dopo avere annunciato che i marò non sarebbero tornati in India, la nostra diplomazia cede alle pressioni indiane in cambio di assicurazioni che in nessun caso sarebbe stata applicata la pena capitale. La vicenda porta alle dimissioni del nostro ministro della Difesa, Giulio Terzi. Sul fronte delle indagini, il caso viene posto sotto la giurisdizione dell’antiterrorismo indiano e questo riaccende i timori di una pena esemplare per i nostri militari. Un’eventualità sventata quando, il 28 marzo 2014, la Corte Suprema indiana accoglie il ricorso presentato dai due fucilieri italiani. Una mossa che porta alla sospensione dei lavori del Tribunale speciale incaricato del caso e un periodo di grande incertezza.

LA MEDIAZIONE

Il 26 giugno 2015 il governo italiano chiede la mediazione del Tribunale internazionale per il Diritto del Mare di Amburgo. L’accettazione dell’arbitrato da parte indiana il 15 luglio è accompagnata dal prolungamento del soggiorno di Latorre in Italia, concesso dopo l’ictus che l’aveva colpito l’anno precedente, ma non la cessazione della giurisdizione di New Delhi sulla vicenda, come chiesto da Roma. Il 24 agosto il Tribunale sollecita le parti affinché sospendano ogni procedimento giudiziario e intima di non avviarne di nuovi che potrebbero aggravare la situazione. Il 6 novembre, il Tribunale costituito presso la Corte permanente di arbitrato dell’Aja, avvia il procedimento che deciderà chi tra Italia e India dovrà giudicare i due militari del Reggimento San Marco. Nel 2016 Roma riesce a ottenere il rientro definitivo «per ragioni umanitarie» di Salvatore Girone (il 2 giugno) e la permanenza in Italia dei due militari (approvata a settembre dalla Corte suprema indiana), sotto custodia e senza potersi incontrare, fino alla decisione della Corte dell’Aja arrivata nella giornata di ieri.

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