Vedere (non solo) la pandemia dal Congo e servire l'umanità anche con un vaccino

Gentile direttore,
sono un missionario, da 52 anni in Congo. Sono profondamente addolorato nel leggere e ascoltare tutti i dibattiti riguardo al ricevere o meno il vaccino contro il Covid-19. È la costante di gente che possiede troppo e che si permette di giocare sulla necessità di aprirsi gioiosamente a quell’antidoto provvidenziale per il bene proprio e della comunità in cui vive. Eppure mentre si chiacchiera l’Europa, come sempre, si mette al sicuro. E l’Africa è puntualmente dimenticata. L’Africa serve solo a essere sfruttata e privata delle sue immense ricchezze naturali da parte di multinazionali che non si preoccupano di assicurare il più piccolo beneficio alle popolazioni locali. Vivo nel Kivu che possiede l’80% di tutto il Coltan del mondo. E dove ci sono bambini che muoiono, obbligati a lavorare in quei buchi pestiferi; dove imperversano camion che circolano sulle nostre strade con materiale tossico ed elicotteri che trasportano via quel materiale, preziosissimo per i bianchi e omicida per tanti africani. Riguardo al vaccino, nessuno pensa all’Africa, anche se l’Africa ha arricchito e continua ad arricchire tanti. I popoli africani accoglierebbero tale antivirus come una manna e a braccia aperte, senza tante discussioni, poiché l’uomo e la donna africani conoscono il valore della vita. Ringraziamo il buon Dio che, nella sua provvidenza, ha sinora preservato il Congo da quest’altro flagello. È un appello che lancio ai popoli europei: non dimenticate l’Africa ove vivono uomini e donne nostri fratelli e sorelle, figli e figlie del buon Dio, già provati da numerosi altri mali. La ringrazio, direttore, augurandole un felice nuovo anno 2021.
padre Giulio Simoncelli, saveriano. Kivu (Congo)
sono un missionario, da 52 anni in Congo. Sono profondamente addolorato nel leggere e ascoltare tutti i dibattiti riguardo al ricevere o meno il vaccino contro il Covid-19. È la costante di gente che possiede troppo e che si permette di giocare sulla necessità di aprirsi gioiosamente a quell’antidoto provvidenziale per il bene proprio e della comunità in cui vive. Eppure mentre si chiacchiera l’Europa, come sempre, si mette al sicuro. E l’Africa è puntualmente dimenticata. L’Africa serve solo a essere sfruttata e privata delle sue immense ricchezze naturali da parte di multinazionali che non si preoccupano di assicurare il più piccolo beneficio alle popolazioni locali. Vivo nel Kivu che possiede l’80% di tutto il Coltan del mondo. E dove ci sono bambini che muoiono, obbligati a lavorare in quei buchi pestiferi; dove imperversano camion che circolano sulle nostre strade con materiale tossico ed elicotteri che trasportano via quel materiale, preziosissimo per i bianchi e omicida per tanti africani. Riguardo al vaccino, nessuno pensa all’Africa, anche se l’Africa ha arricchito e continua ad arricchire tanti. I popoli africani accoglierebbero tale antivirus come una manna e a braccia aperte, senza tante discussioni, poiché l’uomo e la donna africani conoscono il valore della vita. Ringraziamo il buon Dio che, nella sua provvidenza, ha sinora preservato il Congo da quest’altro flagello. È un appello che lancio ai popoli europei: non dimenticate l’Africa ove vivono uomini e donne nostri fratelli e sorelle, figli e figlie del buon Dio, già provati da numerosi altri mali. La ringrazio, direttore, augurandole un felice nuovo anno 2021.
padre Giulio Simoncelli, saveriano. Kivu (Congo)
Lei ha ragione, gentile e caro padre Giulio. Su tutto, tranne che su un punto. L’Africa non è sfruttata e dimenticata da tutti. L’umanità, in ogni continente, non è tradita da tutti. La verità non è mistificata da tutti. Non dal Papa. Non da noi. Non da uomini e donne della vecchia Europa che credono e s’impegnano in modi anche molto diversi, ma hanno memoria e coscienza. Una stessa umile, dolente, indignata e civile coscienza del limite che dobbiamo riconoscere e del dovere che possiamo onorare insieme. Donne e uomini che hanno identica passione, e provano sete di verità e di giustizia, che hanno giudizio e amore sufficienti per non chiudere occhi e cuore. E proprio adesso, proprio qui, in questa ora difficile, in cui nel mondo che si giudicava salvo e ancora si pensa evoluto e sapiente i ciechi credono di vedere e quelli che hanno solo parole vuote osano gridare, bestemmiano la vita e la solidarietà, che è reciproca inesorabile responsabilità. Uomini e donne che di fronte alla rivelazione della nostra comune vulnerabilità, resa chiara dalla pandemia e dall’affannata ricerca della “vita di prima”, non si rassegnano a blaterare di complotto, di finzione, di dramma a orologeria e riescono a scorgere e da denunciare l’enormità del male (e dell’inerzia complice col male) che si è insediato da tempo nella vita del mondo e nella nostra stessa anima.
Lei ha ragione, caro amico, ha tutte le ragioni, tutti i sentimenti e tutti i gioiosi doveri che da più di mezzo secolo la “costringono” lontano dai lockdown della cupidigia e del potere, della sicurezza e dei falsi diritti. Che la rendono davvero padre e fratello tra gli esseri umani che hanno maledizioni nere da capovolgere e ladrocini da sventare. Che la designano, in forza della sua libera e cristiana accettazione, dirimpettaio disarmato e indomabile di coloro che si sentono già salvati e hanno maschere d’occasione e mascherine multicolori da indossare. Che la confermano compagno di strada di tutti gli “altri”, quelli che non credono a leggende e mulini bianchi e a ruoli da difendere, acquistare e replicare anche solo con un gioco di pollici sulla tastiera di uno smartphone che esiste e funziona grazie al minerale battezzato Coltan, strappato alle viscere del Congo. Cioè della terra insanguinata, depredata eppure madre, dove lei ha seguito Cristo per seminare il Vangelo della salvezza e far germogliare i giorni del giudizio, cioè della dignità assoluta dei poveri, i gemelli dell’Unigenito.
Voglio perciò dirle, caro padre Giulio, che quando sarà il mio turno mi vaccinerò dal Covid. E che non lo farò per calcolo e solo per me stesso. E che prima e dopo quel momento continuerò, con i miei colleghi e le mie colleghe, a scrivere, a battermi e a pregare Dio affinché coloro che mancano di pane e acqua e che non hanno passaporti, occasioni e vaccino siano liberi di averne. Lo farò perché proprio questo vaccino sia una porta, su un tempo nuovo, e non un pretesto e un alibi. Lo farò perché non si sciupa la grazia di Dio, e l’intelligenza degli scienziati è grazia, e perché la pandemia che ci rintana e gli uni gli altri ci allontana – e che non è solo di coronavirus – venga sconfitta. È questo l’augurio che mi avventuro a restituirle, con immensa gratitudine. E questo l’augurio che oggi, al limitare del 2020 e all’alba del 2021, vorrei saper consegnare, con lei, a quanti ci leggono. Facciamo dell’anno che viene un tempo buono e più giusto. Facciamolo per davvero.
Lei ha ragione, caro amico, ha tutte le ragioni, tutti i sentimenti e tutti i gioiosi doveri che da più di mezzo secolo la “costringono” lontano dai lockdown della cupidigia e del potere, della sicurezza e dei falsi diritti. Che la rendono davvero padre e fratello tra gli esseri umani che hanno maledizioni nere da capovolgere e ladrocini da sventare. Che la designano, in forza della sua libera e cristiana accettazione, dirimpettaio disarmato e indomabile di coloro che si sentono già salvati e hanno maschere d’occasione e mascherine multicolori da indossare. Che la confermano compagno di strada di tutti gli “altri”, quelli che non credono a leggende e mulini bianchi e a ruoli da difendere, acquistare e replicare anche solo con un gioco di pollici sulla tastiera di uno smartphone che esiste e funziona grazie al minerale battezzato Coltan, strappato alle viscere del Congo. Cioè della terra insanguinata, depredata eppure madre, dove lei ha seguito Cristo per seminare il Vangelo della salvezza e far germogliare i giorni del giudizio, cioè della dignità assoluta dei poveri, i gemelli dell’Unigenito.
Voglio perciò dirle, caro padre Giulio, che quando sarà il mio turno mi vaccinerò dal Covid. E che non lo farò per calcolo e solo per me stesso. E che prima e dopo quel momento continuerò, con i miei colleghi e le mie colleghe, a scrivere, a battermi e a pregare Dio affinché coloro che mancano di pane e acqua e che non hanno passaporti, occasioni e vaccino siano liberi di averne. Lo farò perché proprio questo vaccino sia una porta, su un tempo nuovo, e non un pretesto e un alibi. Lo farò perché non si sciupa la grazia di Dio, e l’intelligenza degli scienziati è grazia, e perché la pandemia che ci rintana e gli uni gli altri ci allontana – e che non è solo di coronavirus – venga sconfitta. È questo l’augurio che mi avventuro a restituirle, con immensa gratitudine. E questo l’augurio che oggi, al limitare del 2020 e all’alba del 2021, vorrei saper consegnare, con lei, a quanti ci leggono. Facciamo dell’anno che viene un tempo buono e più giusto. Facciamolo per davvero.
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