«Torino, un Te Deum per ringraziare». Quanto meno accorgiamoci della grazia

«Circa 1.500 persone sono state travolte. Nessun morto. In altri tempi si sarebbero fatte processioni e liturgie» sottolinea il lettore. Forse non è più il tempo di queste gratitudini corali
June 6, 2017
«Torino, un Te Deum per ringraziare». Quanto meno accorgiamoci della grazia
Caro Avvenire,
l’altra sera, mentre a Torino una folla strabocchevole seguiva nella piazza centrale la partita delle Juve contro il Real Madrid, qualcosa ha suscitato il panico. Tutti hanno preso a fuggire terrorizzati per la paura di un possibile attentato. Circa 1.500 persone sono state travolte e portate al pronto soccorso. Non si lamenta alcun morto. Se non si tratta di un miracolo, è sicuramente una grazia. In altri tempi si sarebbero fatte processioni, liturgie, e Te Deum di ringraziamento. Adesso tutto si riduce alle solite manfrine, per cercare chi è il responsabile e per imbastire interminabili e stucchevoli servizi giornalistici e televisivi. Bisognerebbe invece tornare a cantare il Te Deum.
Don Marino Tozzi Terra del Sole (Forlì-Cesena)
Si potrebbe pensare che è uno sguardo di altri tempi, quello di don Marino. Lo sguardo di tempi in cui, se da un’alluvione o un naufragio ci si salvava, si andava a portare un ex voto alla Madonna, nel santuario più vicino. Ma è vero che, nella calca della folla impazzita l’altra sera a Torino, è quasi incredibile che nessuno sia morto schiacciato, calpestato sui cocci di bottiglia che ricoprivano piazza San Carlo. Almeno uno però ha rischiato questa morte: Kelvin, il bambino di sette anni poi ricoverato in rianimazione, le cui condizioni vanno migliorando. Ma nel suo caso la grazia di cui parla il lettore è passata attraverso due ragazzi grandi e grossi, che sul quel bambino si sono chinati. Il primo si chiama Mohammad Guyele, 20 anni, dal Senegal. È stato lui a sottrarre Kelvin alla calca, ai piedi della gente che nella fuga lo stava calpestando. Il secondo è un italiano, Federico Rappazzo, 25 anni, soldato e studente di Scienze infermieristiche. In una foto lo si vede che, la maglia della Juventus addosso, chino a terra protegge il piccolo sotto le sue larghe spalle, come in un abbraccio. Poi sono arrivati i soccorsi, e il ragazzino ancora respirava. Ora, dicono i medici, si sta riprendendo. In un evento drammatico come quello di Torino si può vedere solo la funesta esplosione del panico incontrollabile, la folla che, dimentica di tutto, travolge i più deboli, e non si ferma. Si può cercare, ed è giusto, le responsabilità di quanti avrebbero dovuto garantire la sicurezza in quella piazza. Si può palleggiarsi queste responsabilità, come di fatto sta avvenendo. Tuttavia, c’è un altro elemento cui si può guardare: dentro a quel marasma, a tante birre di troppo, alla eccitazione del tifo, ci sono stati anche due ventenni lucidi e calmi abbastanza da vedere cosa stava accadendo a terra, fra le gambe della gente. Il ragazzo nero – uno di quelli cui qualche capopartito urlerebbe in faccia di tornarsene a casa sua – ha usato la sua forza massiccia per strappare il bambino alla folla. L’italiano (nella foto qui sotto) gli si è inginocchiato accanto, ha tastato il polso, ha percepito un debole respiro. Ha urlato, perché arrivassero i soccorsi. Non sappiamo come sarebbe andata, senza l’intervento di quei due. Non sappiamo se Kelvin sarebbe vivo. E il lungo, interminabile abbraccio di suo padre al soldato Federico, sul web, lo testimonia. Non ci saranno, credo, Te Deum per chi si è salvato, l’altra notte a Torino. Non è più il tempo di queste gratitudini corali; forse, addirittura, ce se ne vergognerebbe. Ma, nell’attimo impazzito di buio di piazza San Carlo, accorgiamoci almeno della grazia passata per due ragazzi ben piantati e solidi di nervi, che hanno visto, che si sono fermati mentre tutti fuggivano. Che hanno salvato un bambino – che è come dire salvare un mondo intero.
Kelvin (che migliora) e i suoi salvatori - È sveglio e cosciente Kelvin, il bambino di 7 anni schiacciato dalla folla di piazza San Carlo. Il piccolo resta in prognosi riservata per precauzione, ma nei prossimi giorni uscirà dalla rianimazione per essere ricoverato in un reparto di degenza. Lo hanno salvato due ragazzi: un senegalese e un italiano (nella foto) che lo hanno protetto. Ieri Isak Nokho, il giovane senegalese, ha incontrato la mamma del bambino all’ospedale Regina Margherita di Torino. A raccontare l’incontro è il quotidiano "Il Tirreno" che ha organizzato il viaggio del giovane che vive a Fucecchio (Firenze). «Grazie per averlo salvato». «Non lo dire, ho fatto ciò che avrebbe fatto chiunque»: è lo scambio di battute tra i due riportato dal quotidiano. Intanto restano ancora gravi le condizioni della ragazza di 26 anni, in coma farmacologico per trauma toracico, e di una donna di 63 che ha riportato un trauma toracico da schiacciamento.
Kelvin (che migliora) e i suoi salvatori - È sveglio e cosciente Kelvin, il bambino di 7 anni schiacciato dalla folla di piazza San Carlo. Il piccolo resta in prognosi riservata per precauzione, ma nei prossimi giorni uscirà dalla rianimazione per essere ricoverato in un reparto di degenza. Lo hanno salvato due ragazzi: un senegalese e un italiano (nella foto) che lo hanno protetto. Ieri Isak Nokho, il giovane senegalese, ha incontrato la mamma del bambino all’ospedale Regina Margherita di Torino. A raccontare l’incontro è il quotidiano "Il Tirreno" che ha organizzato il viaggio del giovane che vive a Fucecchio (Firenze). «Grazie per averlo salvato». «Non lo dire, ho fatto ciò che avrebbe fatto chiunque»: è lo scambio di battute tra i due riportato dal quotidiano. Intanto restano ancora gravi le condizioni della ragazza di 26 anni, in coma farmacologico per trauma toracico, e di una donna di 63 che ha riportato un trauma toracico da schiacciamento.

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