Spezziamo la solitudine della società civile russa

Perseguitata dal regime, ignorata da noi, sacrificata agli affari
April 4, 2022
Spezziamo la solitudine della società civile russa
Nei primi giorni della guerra c’è stata una reazione di piazza, da Mosca a Pietroburgo a Vladivostok. Una reazione poi colpita con 15mila arresti grazie alla legge che prevede pene fino a 15 anni per chi osa chiamare la guerra con il suo nome. Un «allucinante ritorno al passato più buio», lo chiamano così i miei amici russi: Cerco di raggiungerli più spesso possibile, di far loro sentire il mio sostegno, sin dal primo giorno di questo incubo.
Metà della mia identità appartiene a quella cultura ed è legata a quella rete di persone che nonostante tutto resiste. Categorie professionali, insegnanti, personalità della scienza, della cultura e dello sport si sono espressi condannando l’aggressione all’Ucraina. Media e giornalisti indipendenti, prima di tutto, che conoscono il sistema e hanno gli strumenti per fare controinformazione, attraverso gli unici canali di comunicazione non bloccati: Telegram, e per chi è dotato di VPN anche YouTube e Instagram, e grazie al rilancio di account privati.
È così che comunicano anche le mie amiche, le attiviste per i diritti umani e le donne che in questi anni si sono mobilitate contro la violenza domestica, o le tante che hanno parenti in Ucraina: Fino a quando la propaganda di regime riuscirà a offuscare le loro testimonianze? O quelle raccolte dall’Unione delle madri dei soldati, in cui si lavorano insieme don- ne russe, ucraine, bielorusse, diffondendo notizie sulla realtà di ciò che avviene al fronte? La speranza poggia tragicamente anche su questo: sui lutti che piomberanno nelle case di molte famiglie di soldati.
Centocinquanta milioni di abitanti in un Paese enorme e variegato, fatto di aree sterminate e miriade di cittadine e villaggi profondamente lontani in tutti i sensi, e un sistema di potere e controllo altrettanto grande. Eppure, è difficile credere che la maggioranza dei russi sogni di vivere in un 'mondo a parte', con la rinuncia alla libera frequentazione del resto del mondo, all’uso dei canali di comunicazione universali e non censurati. Ragazze e ragazzi, se possono, fuggono da un Paese in cui oggi non vedono un futuro: alcuni account offrono da settimane informazioni per espatriare e per trovare lavoro in diverse parti del pianeta. Non tutti, però, vogliono o possono abbandonare i propri cari o portarli con sé. E per chi resta, la repressione è durissima. Quaggiù ci si aspetta coerenza, da chi non è scappato e ora è stordito e soffocato.
Ma essi con i loro gesti espongono non solo se stessi, ma anche le persone care. Perdono il lavoro e la possibilità di sopravvivere. Sono messi alla gogna. Chi ha il coraggio di sfidare l’arresto e la tortura è un eroe, ma per fermare la guerra servono persone vive che grazie alla loro conoscenza possano essere il riferimento per un auspicabile futuro libero. Oggi la società civile russa è sotto choc. È in atto una catastrofe morale che segnerà generazioni di russi.
Affinché le persone rimaste lì abbiano il coraggio di resistere c’è bisogno del nostro sostegno e di rispetto per la loro dignità umana. C’è una responsabilità di istituzioni, forze politiche e società civile europee per aver sottovalutato l’importanza di costruire con la società civile in Russia relazioni di scambio e di sostegno. L’indignazione per l’assassinio di Anna Politkovskaja e la persecuzione di altri, che come Alexei Navalny, contrastano il regime, non è stata accompagnata da un adeguato investimento a supporto di chi in Russia denunciava e subiva la repressione. Chi lì lottava ha provato solitudine e isolamento e non solo in patria.
Oggi, gli esperti chiamati a commentare questa guerra, sono esperti di geopolitica e relazioni economiche e commerciali. Si ignora il ruolo della società civile e la sua complessità. È il frutto di questi trent’anni, quelli di Eltsin e di Putin, in cui si sono coltivati rapporti economici e commerciali in barba a qualunque forma di rispetto dei diritti umani. Affaristi hanno fatto fortuna avanti e indietro dall’universo della Russia.
Dalle realtà della società civile con cui sono in rapporto, ho percepito chiaro questo messaggio: la società civile è messa all’angolo dal regime e al tempo stesso considerata con poca fiducia dall’Occidente. Fanno capire che non saremmo a questo punto se in questi anni si fossero costruite più occasioni di dialogo e di scambio. Oggi è quasi impossibile, vista la caccia alle streghe staliniana in corso. Ma una sponda e un approdo si possono e devono costruire e offrire per salvare loro e pure noi stessi.

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