«Dura lex sed lex». Sì, ma la legge vale anche quando non è dura

So che la legge è legge, sempre e per ognuno, e va rispettata non solo quando è dura... Aspetto perciò, con rispetto, la parola dei magistrati della Corte di Cassazione, che arriverà tra poche ore
February 23, 2023
«Dura lex sed lex». Sì, ma la legge vale anche quando non è dura
Caro direttore, scrivo come cittadino e come laico.
Sento sottopelle che il regime del 41 bis è un carcere duro, durissimo. La legge lo ha stabilito così. A quel regime sono condannate persone colpevoli di particolari delitti e in particolari condizioni. Tutto secondo la legge. Affermare che “questo tipo di detenzione toglie la dignità all’uomo” è volere ignorare il fatto che il condannato al 41bis ha violato la dignità delle sue vittime. Affermare che il 41bis è “un’azione di vendetta dello Stato” è volere ignorare che lo Stato fa le leggi per tutelare la collettività. Non è una vendetta, è la pena. Tutto è discutibile ma “ dura lex sed lex”. Cospito è stato riconosciuto colpevole fino all’ultimo grado di giudizio. I suoi sono reati contro la persona e contro la società. Contro lo Stato. Cospito li ha riconosciuti e rivendicati. Ha sparato nelle gambe di qualcuno per una sentenza da lui emessa. « Libito fé licito in sua legge ». Ha organizzato un attentato con la tecnica dei “due tempi” fallito per incuria e incapacità. Non sono attenuanti. Non ci sono scorciatoie. La sua azione dall’interno del carcere ha risuonato all’esterno come incitamento alla violenza. Cospito non è un anarchico. Non sono anarchici i suoi sostenitori. Costoro insultano e offendono l’anarchia e la vita e la morte di Giuseppe Pinelli. Costoro compiono crimini. Cospito ha programmato il suo sciopero della fame. Non opera secondo i criteri della convivenza pacifica. Chi crede che la sua battaglia vada sostenuta e rispettata può farlo nell’ambito della legge. Cospito vuole essere un libertario. Se ha deciso di morire è il suo diritto. Fosse anche il suo ultimo diritto. Un’ultima cosa: lei sa chi sono, forse stavolta basta la sigla: non siamo in un Paese dove esprimere liberamente il proprio pensiero...

M.S. Io so chi è lei, gentile e caro amico, e anche per questo rispetto il suo timore, siglando soltanto – proprio come lei desidera – l’interessante riflessione che mi ha fatto avere. Le dico subito, però, che vivo in Italia e, per mestiere e per indole, cerco di continuare a essere un portatore sano di opinioni perché ritengo, e rivendico, che qui si possa e si debba esprimere liberamente un pensiero anche forte, ma mai volgare e offensivo. Sul caso di Alfredo Cospito ho un’opinione sufficientemente netta, in parte e infine diversa dalla sua, e l’ho espressa chiaramente sia in prima persona sia attraverso gli editoriali e gli interventi che ho deciso di pubblicare su “Avvenire”. Quest’uomo, che si proclama anarchico, ha commesso reati gravi e per questi fatti è stato condannato. Il regime carcerario specialmente duro che l’articolo 41bis dell’ordinamento penitenziario stabilisce è – per così dire – un’afflizione aggiuntiva rispetto alla pena che gli è stata inflitta in regolare processo e in forza di legge. Il dibattito in corso – la distinzione è tutt’altro che banale – non è sulla già pesante, e in gran parte ormai certa, condanna che ha ricevuto per gli atti compiuti o tentati, ma sulla fondatezza di questa ulteriore afflizione in genere riservata a criminali potenti e feroci che possono continuare a far male. E la protesta d’infondatezza di Cospito – che anarchicamente si è fatto giudice di sé stesso, dei suoi giudici e dello Stato attuando un drammatico e sterminato sciopero della fame – lo ha gridato in modo autolesionista, emozionante e per molti versi urtante. Ma io so che la legge è legge, sempre e per ognuno, e va rispettata non solo quando è dura... Aspetto perciò, con rispetto, la parola dei magistrati della Corte di Cassazione, che arriverà tra poche ore. Spero che convinca tanti, se non tutti, che in Italia non solo si è liberi, ma si può contare su una giustizia magari lenta, ma solida perché rigorosa e umana. Le due cose non sono in contraddizione. (mt)

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