mercoledì 24 febbraio 2021
Chiuse con un accordo da 18,5 milioni le indagini su Bitfinex e Tether. Chiesta chiarezza sulle riserve che dovrebbero tenere agganciato al dollaro il cosiddetto "stablecoin"
Un'immagine ideale del Bitcoin in un'elaborazione di Karolina Grambowska

Un'immagine ideale del Bitcoin in un'elaborazione di Karolina Grambowska - Grambowska via Pexels

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L’indagine di Letitia James, procuratore generale di New York, su uno dei fenomeni più sospetti della storia recente delle criptovalute si è conclusa con un accordo transattivo. La piattaforma Bitfinex e la società collegata Tether dovranno versare 18,5 milioni di dollari allo Stato di New York, non potranno più lavorare con clienti basati nello Stato e dovranno rendere noto con documentazioni credibili l’ammontare delle loro riserve, con un aggiornamento almeno trimestrale.

Le due aziende non hanno né confermato né negato quanto emerso dalle indagini e hanno festeggiato l’accordo come una vittoria. In realtà le conclusioni a cui è arrivato il procuratore generale riguardano solo alcuni casi specifici ma aumentano i dubbi generali sul tether, che si definisce uno stablecoin, cioè una criptovaluta dal valore stabile perché sostenuto e garantito da riserve reali. Tutta la vicenda sarebbe solo una minuzia se l’incredibile aumento dei tether in circolazione non fosse uno dei principali fattori dietro le ultime fasi di aumento del prezzo dei bitcoin, la criptovaluta più diffusa al mondo.

Letitia James, procuratore generale dello Stato di New York

Letitia James, procuratore generale dello Stato di New York - WikimediaCommons

Raramente chi compra bitcoin lo fa utilizzando moneta fiat, cioè denaro legale garantito dallo Stato che la emette. La moneta più utilizzata per acquistare bitcoin è invece il tether, il cui valore è fissato al dollaro perché la società che lo emette garantisce di avere messo a riserva un dollaro, o un titolo equivalente, per ogni tether che ha messo in circolazione. Da tempo diversi osservatori hanno notato come ogni fase di accelerazione del prezzo dei bitcoin sia anticipata da un significativo aumento dei tether prodotti.

Quando il procuratore di New York ha avviato l’indagine, nell’aprile del 2019, circolavano circa 2 miliardi di tether. Soltanto nel 2020 però i tether in circolazione sono saliti da 4 a oltre 20 miliardi. Da gennaio ad oggi hanno quasi raggiunto quota 35 miliardi. Davvero Tether ha riserve per 35 miliardi di dollari? Questo il procuratore James non lo scrive. Anzi, si mantiene sempre molto prudente, ripetendo ogni volta che la parità tra tether e dollaro è "supposed", cioè "presunta".


Davvero Tether ha riserve per 35 miliardi di dollari?
Questo il procuratore James non lo scrive.
Anzi, si mantiene sempre molto prudente,
ripetendo ogni volta che la parità tra tether e dollaro
è "supposed", cioè "presunta"


Le indagini hanno riguardato solo due casi specifici di sospetta frode da parte di Bitfinex e Tether e hanno portato alla conclusione che, diversamente da quello che sostenevano le aziende, « i tether non erano completamente garantiti tutto il tempo».

La prima volta che sono emersi dubbi sulla realtà delle riserve di tether, nell’estate del 2017, Bitfinex e Tether si sono organizzate così: hanno aperto un conto intestato a Tether su una banca di Porto Rico, Noble Bank, e ci hanno versato 382 milioni di dollari che venivano dai conti di Bitfinex il giorno stesso in cui Friedman, la società incaricata di certificare le riserve di Tether, doveva procedere con la sua verifica.

Il secondo episodio è dell’autunno 2018, quando Bitfinex ha avuto un enorme ammanco di fondi. La piattaforma incassa i soldi dei clienti che comprano e vendono criptovalute, ma deve avere da parte soldi fiat nel caso che i trader vogliano riconvertire il loro denaro virtuale in moneta reale. Bitfinex aveva affidato il loro denaro reale a una società chiamata Crypto Capital, con base a Bahamas, dove il suo riferimento era un personaggio chiamato “Oz Yosef”, che doveva ogni volta verificare se c’era la possibilità di tirare fuori il denaro fiat necessario. Spesso il denaro non c’era per “problemi tecnici”, perché ad esempio i governi di Polonia e Portogallo avevano congelato i conti bancari di Crypto Capital. Alla fine Oz non ha più risposto e Bitfinex ha «perso accesso» a 850 milioni di dollari dei suoi clienti. Per coprire il buco, ha “preso in prestito” i soldi da Tether, prelevando 400 milioni di dollari dalle riserve che dovevano garantire l'aggancio della criptovaluta al dollaro.

Quando di nuovo sono emersi dubbi sulla realtà delle riserve dei tether, le due aziende hanno aperto un nuovo conto su Deltec Bank, basata a Bahamas, ci hanno versato 1,8 miliardi di dollari, quindi hanno chiesto alla banca una certificazione contabile per attestare che quella cifra garantiva i tether. Appena ottenuta la certificazione, hanno trasferito 475 milioni di dollari dal conto di Tether a quello di Bitfinex. La garanzia dello stablecoin era di nuovo apparsa e poi sparita nel giro di poche ore. Con l'obiettivo di coprirsi dai sospetti, Tether ha cambiato la sua definizione di riserve, per spiegare che potevano essere anche qualcosa di diverso da moneta reale, compresi «prestiti a terze parti, che potrebbero essere anche entità affiliate». Significa che dentro la riserva dei tether c’è anche il denaro che le deve Bitfinex, la quale solo lo scorso gennaio – a poche settimane dalla chiusura dell’indagine – ha accettato di chiudere la linea di credito da 900 milioni di dollari aperta con la sua controllata. Tutt'ora Bitfinex si trova a dover gestire un buco contabile di 850 milioni di dollari, fondi inaccessibili che, come scrive il procuratore, «non può dire se, e quando, possano essere restituiti a Bitfinex o ai suoi clienti».



Tutt'ora Bitfinex si trova a dover gestire un buco contabile
di 850 milioni di dollari, fondi inaccessibili che,
come scrive il procuratore,
«non può dire se, e quando, possano essere
restituiti a Bitfinex o ai suoi clienti».

Il procuratore James si occupa degli interessi dello Stato di New York e dei suoi cittadini, non dei trader del resto del mondo: per quello che la riguarda, ha sostanzialmente bandito dallo Stato sia Bitfinex che Tether. Nell’ambito dell’accordo ha però anche preteso dalle due aziende una maggiore trasparenza, imponendo la pubblicazione, almeno trimestrale, di documenti che attestino le riserve su cui poggia la “stabilità” dei tether. Questa trasparenza aiuterà sicuramente a fare un po’ di maggiore chiarezza nel mercato delle criptovalute, pieno di oscurità. E potrà aiutare soprattutto a capire quanto dietro la corsa del bitcoin ci siano soldi “veri”, cioè denaro legale con garanzia degli Stati, o soldi del tutto virtuali, messi in circolazione senza limiti per prolungare il più possibile la giostra delle criptovalute.

Per il momento le rivelazioni sui comportamenti di Btifinex e Tether non hanno scosso i trader, le quotazioni dei tether restano vicine al dollaro e quelle del bitcoin sopra quota 50mila dollari. Ma il mercato delle criptovalute più in generale è abituato a non dare troppo peso alla realtà (come dimostra l'incredibile successo della criptomoneta Dogecoin, nata per scherzo e ora tratta come un vero investimento...). Stare a sottolineare che molti degli scambi avvengono con una criptovaluta che dovrebbe essere garantita da riserve reali ma forse non lo è oggi non è nell'interesse di nessun cryptotrader.




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