sabato 10 agosto 2019
A Sassuolo l’esperienza delle religiose che aprono il loro monastero a chi è in ricerca di Dio. La sfida di essere «madri spirituali» per accompagnare giovani o adulti, fidanzati o sposi
Il chiostro delle Carmelitane scalze a Sassuolo, nella diocesi di Reggio Emilia-Guastalla

Il chiostro delle Carmelitane scalze a Sassuolo, nella diocesi di Reggio Emilia-Guastalla

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Anche oggi l’accoglienza costituisce uno dei cardini della spiritualità monastica, proprio come lo è stato fin dagli inizi del monachesimo, secondo una prassi attestata, fra l’altro, da numerosi aforismi dei padri del deserto, dall’antica Regola di san Pacomio e da quella di san Benedetto col famoso precetto del capitolo 53: “Tutti gli ospiti siano accolti come Cristo”. Fedeli a questa tradizione e memori dell’attenzione alla persona vissuta da santa Teresa d’Avila, le Carmelitane scalze di Sassuolo, nella provincia di Modena ma nella diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, sono sempre liete di incontrare singoli o gruppi che desiderano avere un colloquio in parlatorio o passare qualche giornata di ritiro spirituale nella graziosa foresteria.


«Il nostro monastero è conosciuto nella zona – spiega suor Teresa che in particolar modo si occupa dell’ospitalità –. Le persone giungono da noi per confrontarsi, per conoscere la nostra vita, per pregare insieme, per ritemprarsi. Le motivazioni e le storie sono le più varie. Spesso le persone hanno delle sofferenze nel cuore, cercano un senso per il loro vissuto. A volte incontriamo drammi per cui non c’è una risposta, non abbiamo la bacchetta magica, ma possiamo metterci in ricerca insieme all’interlocutore, condividere, ascoltare».

Ascoltare col cuore è già dare tanto.

Viviamo nella logica del tralcio che dà frutto solo se è unito alla vite. Siamo tutti in rete, uniti dalla stessa linfa, lo Spirito Santo, che è l’amore del Signore. Vogliamo far circolare questo amore nel corpo di Cristo che tutti noi formiamo insieme. Il monastero è un segno della fedeltà di Dio che sempre si rinnova ed è aperto a tutti: giovani e meno giovani, singoli, fidanzati, sposi.

Quale esperienza fanno gli ospiti?

I nostri ospiti si rendono conto di che cosa è la vita monastica e acquisiscono gli elementi di lettura della realtà e su di sé che poi si rivelano utili nel cammino quotidiano. Santa Teresa d’Avila insegna a noi e a tutti l’importanza delle relazioni fraterne. Lei voleva che le monache fossero tutte amiche, che ciascuna fosse sempre pronta a cogliere il vero bene dell’altra. Noi preghiamo insieme e spesso lavoriamo insieme. Ci dedichiamo alla preparazione delle ostie: questa attività avviene in varie fasi e richiede la maturazione di un forte spirito di collaborazione e solidarietà. Anche il lavoro è attraversato dalla dimensione orante, è un tutt’uno con la preghiera. Così la nostra vita è unificante e unificata. Siamo sedici monache, con età che va dai 26 ai 90 anni, con tante diversità fra noi. Ma viviamo insieme. E desideriamo testimoniare che la fraternità è possibile ed è fonte di gioia.

I giovani come si accostano a voi?

Senza pregiudizi. Hanno una forte ricerca di senso, profondità e autenticità. Sono rispettosi e riconoscenti per questa opportunità di conoscere meglio se stessi e il Signore. Ad agosto proponiamo una settimana per le giovani, con momenti di preghiera, di confronto e la possibilità di partecipare ai nostri laboratori artigianali. Inoltre organizziamo giornate di discernimento e ricerca per ragazzi e ragazze. La foresteria, che è autonoma rispetto al monastero, comprende cinque posti letto e un cucinino. Il posto è tranquillo, a volte i giovani vengono qui per studiare, per riposarsi. Nel corso degli anni abbiamo visto fiorire dei cammini di sequela molto belli: c’è chi si sposa, chi si fidanza, chi entra in Seminario, chi s’impegna nell’associazionismo, nel lavoro, nel posto dove vive, con slancio e generosità.

Per alcuni siete diventate madri spirituali?

Essere madre spirituale si fa presto a dirlo. Generare figli nello Spirito è una cosa seria. La nostra Regola parla dell’importanza della discretio, l’arte del discernimento, che rende le persone capaci di ascoltare lo Spirito Santo, distinguendo fra le ispirazioni che vengono dal Signore e le suggestioni che vengono dal nemico. Per noi si tratta di affiancarsi alle persone, senza sostituirle. Per quanto esperta possa essere la monaca che offre l’accompagnamento spirituale, la libertà del singolo è insostituibile, i “no” e i “sì” deve essere lui a dirli. Il cammino talora è in salita, ma nulla è più affascinante del maturare il gusto delle cose di Dio: è l’arte di intendersi con Lui.

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