giovedì 4 giugno 2020
«Ti avevamo detto di chiudere la chiesa, perché non l'hai fatto?», gli urlarono. Rispose con semplicità: «La Casa di Dio non si chiude». La testimonianza del prete caldeo / Video
Giugno 2007, don Ragheed ucciso dal Daesh per non aver chiuso la chiesa
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«Ti avevamo detto di chiudere la chiesa, perché non l'hai fatto?», gli urlarono. Rispose con semplicità: «La Casa di Dio non si può chiudere».
Le minacce di morte se avesse continuato a celebrare l'Eucaristia non fecero desistere don Ragheed Ganni che voleva ad ogni costo, anche quello della sua vita, obbedire al comando del Signore: «Fate questo in memoria di Me». Dopo aver celebrato la Messa domenicale il 3 giugno 2007 viene seguito all’uscita dalla sua chiesa dello Spirito Santo a Mosul e ucciso da un comando di uomini del Daesh, il sedicente Stato Islamico. Assieme a lui vennero assassinati tre giovani diaconi Basman Yousef Daud, Wahid Hanna Isho e Gassan Isam Bidawed. I killer poi collocano attorno ai loro corpi delle auto cariche d'esplosivo, perché nessuno potesse avvicinarsi. Solo a tarda sera, la polizia di Mosul riuscì a disinnescare gli ordigni e a raccogliere i corpi.

"Quando tengo in mano l'ostia, è Cristo che tiene me e tutti noi uniti nel suo amore". Don Ragheed Ganni, iracheno di Karemlesh, un villaggio della Piana di Ninive, aveva 33 anni quando offrì la sua testimonianza nella veglia del Congresso eucaristico italiano di Bari, la sera del 28 maggio 2005, che aveva come tema la frase dei 49 martini di Abitene, trucidati durante la persecuzione di Diocleziano "Senza la domenica non possiamo vivere". "I terroristi - aveva detto don Ragheed in quell'intervento a Bari, riportato da Vatican News - pensano di ucciderci fisicamente o almeno spiritualmente, facendoci annegare nella paura. Per le violenze dei fondamentalisti contro i giovani cristiani, molte famiglie sono fuggite. In tempi tranquilli si dà tutto per scontato e si dimentica il grande dono che ci è fatto. Attraverso la violenza del terrorismo, noi abbiamo scoperto che l’Eucaristia, il Cristo morto e risorto, ci dà la vita. E questo ci permette di resistere e sperare".

Chiusa nel 2019 la fase diocesana per la beatificazione di Ragheed Ganni
Ragheed era nato a Karemlesh il 20 gennaio 1972. Laureato in ingegneria all’università locale nel 1993, dal 1996 al 2003 aveva studiato teologia a Roma all'Università Pontificia San Tommaso d'Aquino, conseguendo la licenza in teologia ecumenica. Oltre all'arabo, parlava correntemente italiano, francese e inglese.

Era corrispondente dell'agenzia internazionale Asia News, del Pontificio Istituto Missioni Estere. Il 22 aprile 2017, nella celebrazione in memoria dei nuovi martiri nella Basilica di San Bartolomeo a Roma, Papa Francesco ha indossato la stola rossa di don Ganni.

Il primo marzo 2018 la Congregazione per le Cause dei Santi ha approvato l’avvio della causa di beatificazione per lui e i suoi diaconi, chiesta dal vescovo caldeo di Detroit monsignor Francis Kalabat. Il 27 agosto 2019 si è chiusa la fase diocesana della causa. La Chiesa caldea ne fa memoria accanto al loro vescovo, monsignor Paulos Faraj Rahho, rapito il 29 febbraio 2008 e e trovato senza vita due settimane dopo.

Il video di Aiuto alla Chiesa che soffre sulla testimonianza di don Ragheed Ganni

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