mercoledì 21 febbraio 2024
Sono due ex consacrate, che hanno tenuto una conferenza stampa. Il Dicastero per la dottrina della fede continua la raccolta di informazioni sulla vicenda
L'avvocatessa Laura Sgrò con le due presunte vittime degli abusi

L'avvocatessa Laura Sgrò con le due presunte vittime degli abusi - Reuters

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Nei mesi scorsi, a seguito dell’incarico ricevuto da papa Francesco a fine ottobre, il Dicastero per la dottrina della fede «ha contattato le istituzioni coinvolte a diverso titolo» nella vicenda riguardante le accuse di abusi rivolte all’ex gesuita Marko Rupnik «per riceverne tutte le informazioni disponibili relative al caso». Lo ha spiegato la Sala Stampa della Santa Sede, precisando che «dopo aver allargato il raggio della ricerca a realtà non precedentemente contattate e avendo appena ricevuto gli ultimi elementi in risposta, si tratterà ora di studiare la documentazione acquisita per poter individuare quali procedure sarà possibile e utile implementare».

La nota vaticana è giunta dopo che questa mattina a Roma si è svolta una conferenza stampa di due ex consacrate della Comunità Loyola, Gloria Branciani e Mirjam Kovac, una italiana e l’altra slovena, presunte vittime di Rupnik. Le due donne - accompagnate dalla loro legale Laura Sgrò - hanno raccontato di «abusi di coscienza, di potere, spirituali, psichici, fisici e spesso anche sessuali» che hanno subito personalmente o di cui sono venute a conoscenza quando erano molto giovani da parte di quello che era considerato una figura di riferimento nella comunità.

«Rupnik – è Gloria che parla è entrato nel mio mondo spirituale deformando la mia relazione con il Signore, è entrato con l’autorità del padre spirituale, del confessore e anche come garante del carisma della nascente comunità. È in grado di manipolare molte persone attorno a sé creando una rete di consenso molto ampia. Ero molto ingenua in quel periodo». Gloria ha anche accusato Rupnik di ammantare gli abusi sessuali con motivazioni pseudomistiche. Nel denunciare le violenze subite ha poi assicurato di voler ottenere «verità e giustizia» e «senza nessun desiderio di rivalsa personale». «Io – ha aggiunto – mi sono perdonata e ho perdonato Rupnik molti anni fa, altrimenti non sarei andata avanti con la mia vita: ma mi attendo un riconoscimento pubblico dalle autorità ecclesiastiche per tutto il male che io e altre abbiamo subito».

Mirjam Kovac da parte sua ha ammesso che in passato non ha creduto alle accuse formulate da molte religiose – «venti su quarantuno » – contro Rupnik, ma pian piano si è convinta che erano vere uscendo dalla Comunità. «Ci siamo conosciute nella comunità – ha raccontato – eravamo ragazze giovani, con tanti ideali. Proprio questi ideali sono stati sfruttati per abusi di vario genere: di coscienza, di potere, spirituali, psichici, fisici e spesso anche sessuali. Ci siamo trovate davanti a un muro di gomma. Ora chiediamo che il muro si sgretoli».

Rupnik, celebre mosaicista e predicatore, nel giugno 2023 è stato dimesso dalla Compagnia di Gesù di cui era membro, ma rimane sacerdote, essendo incardinato nella diocesi slovena di Koper (Capodistria). Lo scorso 27 ottobre papa Francesco ha affidato al Dicastero per la dottrina della fede il compito di esaminare la vicenda, dopo aver deciso di «derogare alla prescrizione per consentire lo svolgimento di un processo». Una decisione presa a seguito delle segnalazioni inviate nel mese di settembre dalla Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori al Pontefice su «gravi problemi» nella gestione del caso e «la mancanza di vicinanza alle vittime».

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