martedì 6 luglio 2021
A colloquio con l’arcivescovo di Marsiglia, Jean-Marc Aveline. «Ho proposto l’idea al Papa sull’esempio del Sinodo dedicato all’Amazzonia Il bacino può dire molto alla Chiesa»
A Marsiglia il MuCem, il primo museo al mondo dedicato alle culture dell'Europa e del Mediterraneo

A Marsiglia il MuCem, il primo museo al mondo dedicato alle culture dell'Europa e del Mediterraneo - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Le visite del Papa a Lampedusa e nell’isola di Lesbo. Poi l’incontro religioso a Bari per la pace in Medio Oriente. Ancora: la tappa a Napoli per parlare di teologia del Mediterraneo. E lo scorso anno ancora a Bari per chiudere l’incontro dei vescovi del bacino radunati dalla Cei per la prima volta nella storia. «Siamo davanti a un “pellegrinaggio mediterraneo” di papa Francesco che, insieme con il processo iniziato grazie all’appuntamento di noi vescovi in terra pugliese, rivela come il Mediterraneo possa parlare a tutta la Chiesa e abbia singolari specificità che richiedano un approfondimento teologico, pastorale e missionario», spiega l’arcivescovo di Marsiglia, Jean-Marc Aveline. Ed è raccogliendo questi spunti che il presule ha lanciato al Papa un’idea durante l’udienza privata che ha avuto qualche settimana fa in Vaticano. «Ho presentato al Pontefice l’ipotesi di un Sinodo dei vescovi sul Mediterraneo, visto che di recente Francesco ne ha voluto uno per l’Amazzonia», racconta l’arcivescovo ad Avvenire.

Papa Francesco insieme con l’arcivescovo di Marsiglia, Jean-Marc Aveline

Papa Francesco insieme con l’arcivescovo di Marsiglia, Jean-Marc Aveline - Vatican Media

Nato in Algeria 62 anni fa, considerato particolarmente vicino a Bergoglio e alle sue sensibilità pastorali, scelto proprio da Francesco nel 2019 per guidare una Chiesa di frontiera come quella di Marsiglia, Jean-Marc Aveline è stato anche uno dei pastori che lo scorso anno ha più apprezzato il G20 ecclesiale di Bari. «Durante le giornate di confronto sono emerse come priorità l’ecumenismo, l’emergenza umanitaria, il dialogo interreligioso ma anche il proficuo abbraccio tra Oriente e Occidente. Dietro queste dimensioni si profila la necessità di una riflessione ecclesiale. Perciò mi sembra che un processo sinodale sia il modo migliore per discernere ciò che lo Spirito chiede alle nostre comunità». E il presule francese ha partecipato al recente incontro online voluto dalla Cei che ha convocato alcuni vescovi del bacino per organizzare il nuovo summit sul Mediterraneo in programma a Firenze fra febbraio e marzo del 2022.


Eccellenza, al centro della sua udienza con Francesco c’è stato proprio il Mare Nostrum.

Ho vissuto l’incontro come un momento spirituale di discernimento durante il quale ho potuto sottoporre al Papa alcune intuizioni che avevo maturato. È stato un dialogo da pastore a pastore. E mi piace sottolineare quanto sia importante per un vescovo beneficiare di un tale sostegno paterno.

C’è bisogno di una «teologia del Mediterraneo»?

Viviamo intorno a questo mare “tra le terre” che rappresenta un peculiare anello di congiunzione tra Africa, Europa e Oriente e che è segnato da tradizioni di scambio, da un complesso cosmopolitismo che si tocca con mano sulle sue sponde, da ferite antiche e nuove. Tutto ciò appare come il punto di partenza di un progetto di teologia mediterranea. Un percorso che analizzi e testimoni come in questo angolo del mondo le fedi qui germogliate si siano formate dialogando tra loro, come l’essere umano abbia acquisito una definizione originale, come si sia sviluppato un fecondo incontro fra le culture, come le crisi umanitarie o ecologiche incidano anche sulle fondamenta della nostra vita spirituale. Di fatto nel Mediterraneo la teologia incontra sfide che interrogano la Chiesa e che per essere affrontate hanno bisogno di incontri regolari e relazioni costanti.

Marsiglia è porta per la Francia. Questo significa che il Papa potrà visitare la metropoli?

Perché no? L’invito è stato fatto. Penso che un viaggio del Papa a Marsiglia potrebbe essere l’occasione per parlare all’Europa da una delle sue periferie. In questo senso Marsiglia potrebbe costituire una tappa del suo pellegrinaggio mediterraneo.

La città di cui lei è vescovo è definita la più araba del continente. Secondo i dati ufficiali, un abitante su quattro è islamico. Poi ci sono minoranze ebraiche, armene o caldee. Può essere un laboratorio per la Chiesa del Mediterraneo?

Come ho avuto modo di dire a un gruppo di imam che, dopo l’attentato alla Basilica di Notre-Dame a Nizza, erano venuti a esprimerci la loro vicinanza, il modo migliore per promuovere l’accoglienza e il dialogo tra le religioni è agire insieme perché i fatti sono ben più efficaci delle parole. Così accade, ad esempio, che sacerdoti e imam distribuiscano l’uno accanto all’altro un pasto ai bisognosi sulle scale della nostra stazione ferroviaria. Si tratta di segni che scaldano i cuori e che aiutano ad approfondire le ragioni delle nostre fedi. Poi come non ricordare i tanti gesti di reciproca amicizia che ci legano ai nostri fratelli armeni oppure la gioia che proviamo nell’accogliere le comunità cristiane orientali, soprattutto caldee. Per loro abbiamo messo a disposizione le nostre chiese. Sono iniziative che possono essere un antidoto al pregiudizio e all’odio.

Marsiglia è la più povera città della Francia. Può la miseria essere terreno fertile per fondamentalismi e violenza?

In effetti le miserie e le frustrazioni sono come una miccia. E i demagoghi possono sfruttare questi malesseri. Prive di voce, molte persone svantaggiate corrono il pericolo di trovare nei radicalismi e nei populismi risposte a buon mercato. Inoltre rischiano di cadere preda di atroci traffici. Comunque noto che la povertà diffusa fa sbocciare straordinarie iniziative di carità e di sostegno che prolificano in città. Fanno meno rumore ma sono, grazie a Dio, molto significative. E ci dicono che è possibile promuovere la dignità di ogni persona risvegliando la fraternità. Questo è per me motivo di grande speranza.



Vescovi e sindaci insieme a Firenze nel 2022. Parte la macchina organizzativa Cei


Un evento «che il Signore ci ispira per i nostri tempi». Così il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ha definito ieri mattina il secondo incontro dei vescovi del Mediterraneo che seguirà l’appuntamento di Bari del 2020 e che si terrà fra febbraio e marzo del 2022 a Firenze. «La Provvidenza – ha aggiunto – ha un suo disegno specifico su questa area e noi siamo chiamati a farcene interpreti». Il saluto del porporato ha aperto i lavori del comitato scientifico che si è riunito a Roma e assemblerà il nuovo G20 ecclesiale che radunerà i pastori di venti Paesi nella città del sindaco “santo” Giorgio La Pira che ha ispirato l’iniziativa con la sua profezia di pace fra le nazioni.


Di fatto si è già messa in moto la macchina organizzativa della Cei che preparerà il forum. Al centro dell’evento fiorentino ci sarà la questione della cittadinanza. È quanto stabilito nell’incontro online che a metà giugno ha riunito alcuni vescovi del bacino, in rappresentanza delle macro-aree del Mediterraneo, ossia di Europa, Balcani, Medio Oriente e Nord Africa. La scelta del tema non è casuale. Infatti il summit “religioso” del 2022 sarà affiancato da un incontro dei sindaci di cento città del Mediterraneo organizzato da Palazzo Vecchio. A invitarli il sindaco di Firenze, Dario Nardella. Saranno due appuntamenti in contemporanea ma paralleli e distinti che si concluderanno con un momento comune e, forse, con un documento condiviso sulle emergenze e le sfide dell’area intorno alle quali la comunità ecclesiale e quella civile possono convergere. «Cittadinanza implica osservare la reciproca interazione fra la città, con le autorità e le componenti di essa, e le Chiese», ha sottolineato il vice-presidente della Cei, Antonino Raspanti, vescovo di Acireale e coordinatore organizzativo. A fare da comune denominatore la fraternità, cara al magistero di papa Francesco. In particolare, la fraternità sarà declinata guardando ai credenti di altre fedi (sulla scia del Documento di Abu Dhabi), al versante sociale (in particolare alle povertà e al fenomeno migratorio) e alla cura dell’ambiente. In agenda anche l’intenzione di rilanciare alcune intuizioni scaturite a Bari: dai gemellaggi fra le Chiese del Mediterraneo (che coinvolgano non solo sacerdoti ma anche laici e famiglie da inviare in alcune zone) alla volontà di promuovere momenti di preghiera per la pace nell’intero bacino.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: