Zuppi al Meeting e il mattone della pace che serve a ricostruire il mondo

Il presidente della Cei richiama all’urgenza di costruire legami richiamandosi al magistero di Benedetto XVI e di Papa Leone XIV. Sullo sfondo, il bisogno di una “casa comune”
August 24, 2025
Zuppi al Meeting e il mattone della pace che serve a ricostruire il mondo
Ansa | Il cardinale Zuppi ieri al Meeting di RImini
Questo è il Meeting dei costruttori. Ma per costruire servono le braccia. C’è un filo rosso che lega tra loro gli interventi di Mario Draghi e del cardinale Matteo Zuppi. Il primo ha dovuto prendere atto della fine di un ordine mondiale basato sulle regole liberoscambiste e sulla fiducia cieca nel mercato per dare la scossa all’Europa - di fatto dichiarando il fallimento delle politiche della Von der Leyen - e ha invocato una rifondazione per la quale, ha osservato, sono necessari sacrifici e quindi un largo consenso popolare. Il secondo non aveva nulla da revisionare - il Papa lo ha appena confermato nella missione per le questioni umanitarie n el conflitto tra Ucraina e Russia e domenica si è augurato che «questo avvio di dialogo possa davvero portare i frutti che tutti quanti desiderano e speriamo che tutti facciano la loro parte» - e anche lui ha insistito molto sulla necessità del «concorso di tutti». E’ come se dentro la “caldera” del Meeting, l’unico luogo e l’unica occasione in cui gli italiani si ritrovano in massa a parlare di cultura e di politica, si avvertisse più forte la mancanza di braccia, la fine della partecipazione popolare e l’esiguità di un consenso non solamente emotivo alle scelte dei governi. Un dato di cui Giorgia Meloni, ospite dei ciellini domani mattina, dovrà tenere conto.
Zuppi ha lanciato dalla Fiera una serie di messaggi che rafforzano l’analisi di Draghi. Ha detto ad esempio che per far crescere l'Ue servono «i mattoni del pensarsi insieme». Questo il suo pensiero: «L’Europa nasce dalla divisione, dall'ideologia, dai totalitarismi, dalla mancanza di democrazia, dal pensarsi senza gli altri o contro gli altri. L'Europa nasce da questo e i mattoni che servono sono quelli di continuare a costruire il pensarsi insieme, quindi tutte le scelte devono essere fatte, anche faticosamente, pensandosi insieme. Non è facile, non e' scontato pensarsi insieme, ma e' il patrimonio e il testamento di quelli che sono sopravvissuti alla Seconda Guerra Mondiale. Noi siamo i figli di quei sopravvissuti, non dobbiamo dimenticare questa consapevolezza e fare le manutenzioni necessarie perchè l'Europa funzioni bene e anche che cresca, non che diminuisca». Un chiarissimo endorsement per la democrazia liberale, messa in mora dalle autarchie di Oriente e Occidente. In questo senso, il “concorso di tutti” diventa un concetto chiave anche nei negoziati di pace: «il Papa non si augura altro che la pace». Commentando la lettera del Santo Padre a Zelensky per la giornata dell’indipendenza ucraina, da lui ricordata nella celebrazione eucaristica, ha sottolineato l’importanza che sia tutta la comunità internazionale a impegnarsi per la fine della guerra.
Con la scelta del tema di quest’anno, il Meeting mette l’accento su una tecnica “edilizia" che Zuppi ha sinterizzato così: «c’è bisogno di mattoni e di costruire le case dove riparare le relazioni, vivere l'amicizia che dà dignità e protezione a tutti… Ed ecco la gioia di tanti mattoni, di tanti uomini e donne di fede che ci aiutano a scegliere di esserlo, che ci ricordano che ognuno lo può essere e che nessuno è mai inutile». Se Draghi ha dovuto ammettere il primato del consenso personale e popolare - e la necessità di rivitalizzarlo rispetto ad una costruzione europea fortemente indebolita -, domenica Zuppi ha spiegato appunto che dal deserto non si esce senza uno stile esistenziale e politico che sia davvero nuovo. L’ha detto con le parole di Benedetto XVI: «Nel deserto - scriveva infatti il Papa - c’è bisogno soprattutto di persone di fede che, con la loro stessa vita, indicano la via verso la Terra Promessa e così tengono desta la speranza. La fede vissuta apre il cuore alla Grazia di Dio che libera dal pessimismo. Oggi più che mai evangelizzare vuol dire testimoniare una vita nuova, trasformata da Dio, e così indicare la strada», perché «se non abbiamo fame e sete di giustizia, se non gettiamo nella terra il seme della nostra vita, questa resta sola, vana», ha commentato il Cardinale. Questa riflessione sull’importanza dei legami tra i popoli, più che degli impersonali meccanismi politici ed economici, che è proseguita nel pomeriggio con la riflessione del Cardinale sul terzo settore - dove è risuonato forte e chiaro l’invito alle associazioni a non omologarsi, abbandonando la cifra della gratuità - si connette ad altre grandi testimonianze che si stanno alternando sul palco di Rimini in questi giorni. Da Orano a Bentiu, da Kharkiv ad Aleppo, sono tanti i deserti creati dall’odio in cui si cerca di ricostruire un tessuto di convivenza. Ratzinger insegnava che «nel deserto si riscopre il valore di ciò che è essenziale per vivere; così nel mondo contemporaneo sono innumerevoli i segni, spesso espressi in forma implicita o negativa, della sete di Dio, del senso ultimo della vita».
Un momento del dibattito di cui l'arcivescovo di Bologna è stato protagonista dopo la Messa - Ansa
Un momento del dibattito di cui l'arcivescovo di Bologna è stato protagonista dopo la Messa - Ansa
Nel solco di quel magistero, la riflessione del Cardinale di Bologna si salda idealmente con quella dell’ex premier e, guardando al popolo del Meeting ma anche fuori da questa Fiera, invita a sentirsi «tanti mattoni che ci aiutano a scegliere di esserlo, ci ricordano che ognuno lo può essere e che non è mai inutile. C’è bisogno di mattoni e di costruire case dove riparare le relazioni, vivere l’amicizia che dà dignità e protezione a tutti. C’è bisogno di aiutare il seminatore che continua a mettere un seme nella terra del nostro giardino, un seme sempre nuovo e sorprendente, che ci fa sentire oggi l’emozione di scoprirlo, contemplando i frutti che ha fatto crescere e scegliendo anche noi di gettarlo in tanti cuori che lo attendono». In un’Europa divisa e in un mondo in guerra il leader della Chiesa italiana auspica una Pentecoste delle genti, ma si interroga sul mondo che, pur avendo un gran bisogno di fede e di comunione, si “difende” da Dio perché la via dell’amore ci sembra più stretta di quella del disinteresse segnata dall’individualismo. L’antidoto è nel magistero di Papa Leone XIV: «Lì dove le relazioni umane e sociali si fanno difficili e il conflitto prende forma, magari in modo sottile, deve farsi visibile una Chiesa capace di riconciliazione. Ogni comunità diventi una “casa della pace”, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono, dove si ascolta e ci si innamora di Gesù mettendo in pratica la Sua parola». Zuppi si è ricollegato alle parole del Santo Padre per fissare il concetto che gli sta più a cuore e cioè che la pace o è per tutti o non è pace. «E l’espressione che appariva esagerata sulla “una guerra mondiale a pezzi” significa anche che non possiamo dimenticare nessun “pezzo”».
Senza il mattone della pace tutto viene distrutto. Senza le vittime della storia, senza gli affamati e gli assetati di giustizia, senza gli operatori di pace, senza le vedove e gli orfani, senza i giovani e gli anziani, senza i migranti e i rifugiati, senza il grido di tutta la creazione non avremo mattoni nuovi» ha scritto Papa Leone XIV. E Zuppi conclude: «Molti di noi da giovani cantavano: mattone su mattone. Solo così, mattone su mattone, con pazienza e disponibilità, pensandoci insieme, viene su una grande casa. È venuta su una grande casa di tanti mattoni, dove noi abbiano incontrato il Signore che non smette di voler abitare con noi. E i tanti che nei deserti del mondo e dei cuori cercano Dio, la Sua verità di amore, possano trovare una casa, ascoltare il segreto della Sua presenza che ci fa “spalancare la porta, guardar fuori” e capire che “fare a metà del tempo” vuol dire raddoppiarlo. Mattone su mattone, perché la speranza richiede pazienza, ma anche il nostro mattone. Casa dove tutti possano sentirsi amati e incontrare l’Amore di Gesù, per abitare insieme quella del cielo». Lasciando la Fiera, l'ultima riflessione dell'Arcivescovo di Bologna che è anche una scelta: “La preghiera apre a entrare nella storia. Perché essa non è l’ultima spiaggia. È la prima. Quella da cui partire, quella che diventa scelta, solidarietà, attenzione, vicinanza. Ecco una delle tante eredità di Papa Francesco e che Papa Leone ha ripreso con la stessa insistenza: non esiste classifica dei conflitti. Sono tutti pezzi di un’unica guerra, sono tutti mondiali”.

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