Truppe “cuscinetto”, l'opzione c'è. Italia pronta al sì, se lo chiede Trump

Per le "garanzie di sicurezza" da dare all'Ucraina si punta innanzitutto sul coinvolgimento degli Usa. Se ci sarà, l'invio di soldati europei per un'operazione di pace è un'ipotesi che si co
August 17, 2025
Truppe “cuscinetto”, l'opzione c'è. Italia pronta al sì, se lo chiede Trump
Ansa | I leader europei alla Casa Bianca per la foto di gruppo con Donald Trump e Volodymyr Zelensky
Resta sempre l’ipotesi estrema, tuttora gravida di difficoltà. Trainata soprattutto dal francese Emmanuel Macron e dall’inglese Keir Starmer, autoproclamatisi “capi” della cosiddetta coalizione dei Volenterosi. Eppure l’opzione dell’invio di truppe per la protezione territoriale in futuro dell’Ucraina, in modo da creare una sorta di “zona cuscinetto”, è sempre lì sul tavolo. Con anche l’Italia che, se alla fine dovesse chiederlo Donald Trump in persona, non potrebbe dire di no, al di là dell’esistenza o meno dello “scudo” protettivo dell’Onu; e ammesso (e non concesso) che anche la Russia accetti questa possibilità, il che è ancora tutto da dimostrare. La premessa di questi ragionamenti è tutta nel “cessate il fuoco” che dovrebbe scattare, precondizione assolutamente necessaria per sviluppare questa opzione. Nessuno dei leader europei, in fondo, vuole valutare cosa potrebbe accadere se, anche solo per un malaugurato caso, uno o più soldati di una nazione europea dovessero perdere la vita per un’azione militare russa. Si tratterebbe, insomma, di un’operazione di peacekeeping, come le tante che vedono truppe europee (anche italiane) dislocate in giro per il mondo. Resta in piedi, inoltre, lo scetticismo della Germania, esplicitato dal ministro degli Esteri, Johann Wadephul, per il quale questa eventualità sarebbe «lontana» e «probabilmente troppo complicata» per Berlino, che è già impegnata su altri fronti, a esempio in Lituania, ma «questo non significa - ha aggiunto - che non possiamo sostenere l’Ucraina in altro modo, anche dal punto di vista militare e tecnico». Per ora la posizione ufficiale dell’Italia, come più volte esplicitato nei mesi scorsi anche dal ministro degli Esteri Tajani, rimane quella del possibile invio di soldati solo all’interno di una missione sotto l’egida delle Nazioni Unite. Negli ultimi giorni però, nelle ore precedenti l’incontro fra il presidente Usa e l’ucraino Zelensky alla Casa Bianca, nel governo Meloni ha cominciato a maturare una disponibilità italiana anche in presenza di un altro scenario, se dovesse chiederlo esplicitamente Trump. Non in un ambito Nato (visto come il fumo negli occhi a Mosca), ma in presenza di ampie rassicurazioni d'impegno da parte di Washington.
Modalità, forma e regole d’ingaggio sono tutte da costruire. E non si tratta certo di dettagli secondari. D’altronde un’operazione di peacekeeping in questo caso viaggerebbe in parallelo - e sarebbe un elemento specifico della situazione ucraina - con le garanzie di sicurezza similari a quelle previste dall’articolo 5 dell’Alleanza atlantica, aspetto che Giorgia Meloni rivendica come un proprio contributo e che prevederebbe una risposta di ogni Paese alleato con Kiev davanti a una futura ingerenza russa. E ieri sera Trump lo ha richiamato direttamente quando, durante il punto stampa tenuto con Zelensky, ha detto chiaro e tondo che «l’Europa è la prima linea di difesa dell’Ucraina perché sono lì. Ma anche noi li aiuteremo, saremo coinvolti», ha proseguito, senza specificare se ci potrebbe essere un coinvolgimento di truppe americane. Gli analisti osservano che un meccanismo di questo tipo sarebbe efficace solo qualora desse vita a una mobilitazione rapida e massiccia che, per essere tale, richiederebbe una presenza minima di 50mila soldati per assicurare una reale deterrenza. Una delle ipotesi si baserebbe sul dispiegamento di contingenti di Paesi europei, coordinati da Francia e Regno Unito, lungo le linee del cessate il fuoco, mentre gli Usa potrebbero fornire essenzialmente supporto in termini di mezzi aerei, logistica e servizi segreti. Sul fronte interno Meloni dovrà sempre convincere l’alleato Matteo Salvini, che ha ripetuto: «Al contrario di Macron che vuol mandare i nostri figli a combattere in Ucraina, noi scegliamo di ascoltare le parole del Santo Padre». Ma, al momento, appare un problema quasi secondario rispetto a quelli globali che segnano questo passaggio.

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