martedì 1 giugno 2021
Trasferiti al porto di Roccella Jonica. Tra loro 40 minori non accompagnati e molte donne. In zona non ci sono Ong. Si sospetta che le barche vengano trainate da “navi madre"
Profughi nel Mediterraneo in un'immagine d'archivio

Profughi nel Mediterraneo in un'immagine d'archivio - Ansa

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Mentre rallentano gli sbarchi a Lampedusa, riprendono quelli misteriosi sulle coste calabresi. Ieri due motovedette della Capitaneria di porto hanno preso a bordo 232 immigrati che viaggiavano su un peschereccio in pessime condizioni, che stava imbarcando acqua e dunque a forte rischio naufragio. Oltretutto in alto mare e con cattive condizioni meteomarine.

Il salvataggio è avvenuto a 33 miglia dalla costa e, dopo il trasbordo, il barcone di 18 metri, dove gli immigrati, con donne e bambini, erano letteralmente stipati, è stato abbandonato proprio per le condizioni che rendevano impossibile il traino. Così gli immigrati sono stati portati fino al porto di Roccella Jonica, dove sono stati effettuati i controlli sanitari anche per il Covid- 19, e l’identificazione. Successivamente sono stati condotti in una struttura messa a disposizione per l’emergenza dal Comune di Roccella Ionica, amministrazione molto sensibile all’accoglienza, per poi essere trasferiti in altre sedi.

Si tratta di 232 persone, provenienti da Afghanistan (154), Iran (49), Siria (15), Somalia (9), Pakistan (3), Turchia (2). Tra loro ben 40 minori non accompagnati, alcuni di meno di dieci anni, intere famiglie e molte donne. I due turchi si sospetta che siano gli scafisti e questo potrebbe confermare che si tratta dell’ennesimo arrivo dalle coste turche o greche. E anche che i trafficanti stanno modificando le strategie. Non solo le classiche barche a vela con alcune decine di persone, ma i ben più capienti pescherecci. Anche libici. Più capienti ma in pessime condizioni.

Lo scorso 24 aprile un peschereccio con 119 immigrati era stato individuato molto al largo e poi trainato dalle motovedette della Guardia costiera fino al porto di Roccella Jonica perché, col motore in panne e il mare forza 6/7, era a fortissimo rischio affondamento. A ottobre del 2020 erano stati ben tre i pescherecci giunti in Calabria, in particolare uno sempre a Roccella Jonica e uno addirittura a Reggio Calabria. Entrambi libici. Con forte sospetto di rapporti tra trafficanti nordafricani e turchi. Il tutto nel disinteresse generale per questa rotta, dove non operano né hanno mai operato le Ong, ma dove ultimamente il controllo delle navi militari italiane si è fatto più intenso. Evitando naufragi sicuri.

Lo scorso anno sulle coste calabresi sono arrivati più di 2.500 persone, e 1.200 su quelle pugliesi, in gran parte su barche a vela. Quest’anno siamo già a più di 600 in Puglia e quasi 500 in Calabria. La rotta da Turchia e Grecia rimane in gran parte misteriosa. Si sospetta che molte barche non arrivino autonomamente ma al traino di 'navi madre' o che il trasbordo avvenga in alto mare. Rotta apparentemente più sicura (anche per questo i trafficanti si fanno pagare di più rispetto alla rotta libica), ma ora meno con l’utilizzo di pescherecci malandati e strapieni. Anche per questo il dispositivo sia italiano che di Frontex è stato rafforzato su questa rotta.

Il peschereccio è stato così individuato da un velivolo della Finanza, così come era già accaduto in occasione del salvataggio del 24 aprile. Interventi che hanno evitato due tragedie quasi sicure. Ieri, oltre alle motovedette della Guardia costiera, è intervenuto anche un pattugliatore Frontex MAI 1101, con a bordo un ufficiale di collegamento delle Fiamme gialle.

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