sabato 21 ottobre 2023
Il campione del mondo del 1982, con Paolo Maldini ed altri ex, ha fondato lo “Special Team” che va in soccorso dei tanti sportivi vittime delle dipendenze
Giuseppe Dossena

Giuseppe Dossena - Ansa / Claudio Peri

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Quando il gioco si fa duro, e in questo caso illecito per via delle scommesse, allora a scendere in campo tocca ai duri, anzi, ai campioni del mondo. Beppe Dossena, con Marco Tardelli, campioni al Mundial di Spagna ’82, Marcello Lippi il ct del Mondiale azzurro nel 2006, il pallone d’oro Andrij Shevchenko e la bandiera del Milan e del calcio nazionale Paolo Maldini, hanno appena fondato SpecialeTeam, la Onlus del Terzo settore, che si è posta l’obiettivo di dare assistenza sociosanitaria e ogni possibile supporto ad ex calciatori e calciatrici indigenti e caduti nella rete delle dipendenze. «Parliamo anche di sportivi olimpici e ora anche paralimpici, che una volta spenti i riflettori sono finiti a terra e non riescono a rialzarsi, perché travolti dal peggiore degli avversari, il “male oscuro”, la depressione», spiega il direttore operativo di Special Team, Beppe Dossena.

È uno scenario molto triste, quasi ferale...

Infatti per tutti coloro che hanno avuto trascorsi nel calcio di vertice, la difficoltà sta nel metabolizzare il “lutto”… quello del fine carriera. Quando smettono dall’oggi al domani il loro telefonino che prima squillava impazzito entra di colpo in modalità silenziosa: nessuno ti cerca, nessuno ti vuole più… Passano settimane, mesi sul divano a fissare la parete, non escono più di casa e i guadagni accumulati si polverizzano in un lampo, dilapidati in alcol, droga, ludopatia ovviamente, che è il tentativo estremo di colmare il vuoto che crea la depressione.

Ma quale è stata la scintilla che ha scaturito lo Special Team Onlus?

In primis la straordinaria sensibilità del nostro presidente, Paolo Maldini, che è la maggiore risorsa che possiamo già mettere in campo. Ognuno di noi aveva in tasca 4-5 richieste di aiuto individuali a sostegno di ex calciatori amici o conoscenti, che si fanno con piacere e con il cuore, ma per un intervento mirato, come quello che andiamo ad attuare, e che intende garantire una migliore qualità di vita, restituire dignità e orgoglio a quegli ex atleti che l’hanno persa e accompagnarli verso una serena terza età, serve un’organizzazione forte e capillare che faccia comprendere a questi colleghi in difficoltà che esiste una “Comunità dello sport” che non li ha abbandonati.

Vi arrivano molte richieste?

Sono in sensibile aumento. Ma spesso incontriamo ancora ex calciatori che chiedono più aiuto con gli occhi che con la bocca…

Anche i ludopatici di Serie A finiti nel mirino della magistratura, se ne stavano in silenzio fino a quando non hanno subito minacce di morte… Ma come è possibile che un calciatore milionario si riduca alle scommesse online?

Perché questi ragazzi che sono invidiati dai loro coetanei e spesso presi a modello, tutti pensano che abbiano tutto, in realtà poi scopri che gli “manca tutto”. E la depressione non fa sconti a nessuno, Il mondo del calcio professionistico non è un’entità estranea al contesto sociale, dove un ventenne di oggi, che sia un calciatore di Serie A o un impiegato o uno studente universitario, è comunque pieno di fragilità, di incertezze nel futuro. E la pandemia ci sta presentando il conto e uno di questi è la ludopatia.

Solo due, per ora, Tonali e Fagioli si sono autodenunciati, ma si dice che siano decine i calciatori che scommettono compulsivamente, alcuni anche da 10-15 anni. Ma come è possibile che nessuno se ne accorga?

Fare outing è un’azione che richiede un grande atto di coraggio e nel calcio non si fa per paura di essere etichettati, marchiati a vita. Il fatto che molti non vengono scoperti è perché scommettono nelle segrete stanze dei ritiri e sono abili a mascherare. In molti contesti evidentemente la fanno franca anche per l’estrema superficialità che li circonda.

La superficialità degli inglesi li porta a sminuire le scommesse di Tonali (ora al Newcastle), definendole delle “normali puntatine”.

Puntatine illegali, quindi è reato. I calciatori quando firmano un contratto dovrebbero sapere che l’art. 24 parla chiaro, non si può scommettere! Certo poi dobbiamo decidere anche se è opportuno o meno continuare a esporre gli sponsor del betting sulle maglie e sui cartelloni pubblicitari dello stadio e gli spot televisivi durante la diretta delle partite. Trovare un equilibrio sul fenomeno delle scommesse lecite, credo sia importante, così come una revisione generale sul fronte educativo, affinché il giovane calciatore sia assistito da persone affidabili nel percorso di maturazione, non solo agonistico.

Ma persone a loro vicinissime e che ne curano gli interessi, come i procuratori, allora servono solo ad accompagnarli ad apporre la firma al contratto? E l’allenatore, che per lo psichiatra Santo Rullo, dovrebbe essere il primo psicologo di un club...

Tra i procuratori ci sono persone più sensibili e altri che fanno parte di quell’entourage superficiale di cui dicevamo prima. L’allenatore deve avere un occhio speciale per accorgersi se il suo giocatore è un ludopatico. Ora quest’ultimo scandalo mi auguro che aiuti il sistema a comprendere che i particolari diventano fondamentali e che la reazione del calciatore, che dopo una sconfitta si chiude nel suo silenzio, va subito indagata. Non ci si può più limitare all’analisi della performance fine a sé stessa.

Lei Dossena parla da calciatore laureato (in Scienze Politiche) e formato, ma il calcio odierno sembra molto in ritardo sul piano culturale. Rispetto alla nostra generazione ora ci sono più calciatori laureati, ma è chiaro che c’è molto da fare quanto a formazione e informazione. Il monito da lanciare a questi ragazzi: la vita del professionista è cortissima, poi c’è un lungo dopo carriera da affrontare. E il fatto che uno sia stato campione del mondo, non lo autorizza a pretendere il posto da amministratore delegato di un azienda senza prima aver completato un percorso di studi con un adeguato bagaglio di conoscenze, al di là del campo di gioco.

Ultima domanda da campione del mondo a campione del mondo: l’ingresso di Gigi Buffon nello staff della Nazionale di Luciano Spalletti ha suscitato molte ironie sul suo passato da “scommettitore”. Una scelta azzardata?

Una scelta giustissima perché Buffon è uno che ha avuto il coraggio di parlare della sua depressione e degli errori commessi. Io spero che possa diventare un esempio, ha l’esperienza per poter parlare faccia a faccia con questi ragazzi e spiegargli che chiedere aiuto non è un segno di debolezza. Special Team nasce con la convinzione che da solo non si salva mai nessuno.

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