mercoledì 17 luglio 2019
Lazio, le braccianti indiane sikh e il muro (infranto) dell'omertà
Aperte due inchieste sul caporalato dopo le denunce di "Avvenire"
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Ben due inchieste sarebbero state aperte dopo il reportage di “Avvenire” sulle braccianti indiane sikh sfruttate dagli imprenditori e costrette a subire violenze sessuali per non perdere il lavoro. Ad indagare sarebbero sia la Procura di Latina, competente per territorio, che la Dda di Roma. Evidentemente, oltre ai reati relativi allo sfruttamento lavorativo, alla sicurezza e alle norme sull’impiego, si ipotizza una vera e propria riduzione in schiavitù, reato di competenza della Distrettuale di Roma.

Un reato che viene ipotizzato quando il caporalato e lo sfruttamento si aggravano e strutturano in assoggettamento assoluto delle persone. E una delle sue forme è proprio lo sfruttamento sessuale. Fatti molto gravi, dunque. Nell’incontro riservato che avevamo avuto due mesi fa con alcune di loro, avevano raccontato di «lunghissime giornate di lavoro, chiuse per 14 ore in un capannone a selezionare, pulire, lavare e incassettare ravanelli, zucchine e carote».

«Pagate 4 euro l’ora, ma solo per 4-6 ore. Al massimo 1825 euro al giorno». E ancora «nessuna protezione », per tutta la stagione solo un paio di guanti, anche se lavorano per ore con l’acqua fredda. «Così ce li dobbiamo comprare noi». Una vera condizione di schiavitù. Ma anche veri e propri ricatti sessuali. «Alcuni caporali e proprietari ci provano, soprattutto con le ragazze nuove, quelle che hanno più bisogno. E che alla fine accettano le avance». Con un ulteriore ricatto.

«Se accetti le mie avance ti rinnovo il contratto, se non accetti io, attraverso il mio mediatore che è il caporale, dico alla tua comunità, che sei una poco di buono». Racconti che hanno interessato molto sia i magistrati di Latina che quelli di Roma. Ma non solo loro. Perché hanno preoccupato molto anche alcuni imprenditori, che più volte nel passato erano già intervenuti, anche pesantemente, ricattandole, per convincere le donne a non denunciare. E si sono attivati nuovamente, con le stesse modalità, dopo l’articolo. Come risulta ad “Avvenire” hanno avvicinato i mariti di alcune delle donne che hanno parlato con noi minacciandoli di non farle più lavorare se non avessero smentito le dichiarazioni, nel caso fossero state convocate dalla Polizia. Temevano l’apertura di inchieste o altro? Ricordiamo quello che ci aveva detto una bracciante sikh nel corso dell’incontro. «

Dicono che sono amici di poliziotti e carabinieri. 'Chiamate chi volete, tanto non viene nessuno'». Millantato credito per far paura o verità? Un anno fa proprio a Latina era stato arrestato un ispettore del lavoro, assieme ad altre cinque persone accusate di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento del lavoro, all’estorsione, all’autoriciclaggio, alla corruzione e ai reati tributari. Ma forse c’è anche qualcun altro che protegge gli imprenditori che sfruttano i braccianti. E anche questo sicuramente interessa alla magistratura. Nell’Agro pontino da anni va avanti in silenzio lo sfruttamento dei braccianti, prima i sikh e poi anche i giovani africani ospiti dei Cas. Non se ne deve parlare, negazioni, silenzi e ricatti. Per questo il coraggio di alcune donne che hanno deciso di parlare preoccupa gli schiavisti del terzo millennio.

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