domenica 17 settembre 2017
È morto sabato a 80 anni. Dalla sua intuizione a Milano sono nate 35 comunità e 45 gruppi, dove nuclei familiari vivono con padri gesuiti, aperti agli ultimi
L'addio a Bruno Volpi, «rivoluzionario» del Vangelo
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«Vuoi sapere due cose mi danno un fastidio bestia? Te le dico subito, sono due proverbi: il primo è quello che dice “chi fa da sé fa per tre”. E il secondo è “poca brigata vita beata”. Ma come si fa a dire delle idiozie simili? Io preferisco “l’unione fa la forza”». E batteva sul tavolo la sua manona indurita dal lavoro, facendolo sobbalzare. Bruno Volpi, scomparso sabato all’età di 80 anni, è tutto qui. Nella sua autentica e genuina capacità di indignarsi, di andare controcorrente, di scegliere strade opposte rispetto a quelle che indicano comodità, vita tranquilla, profilo basso come l’ideale più auspicabile. Lui le complicazioni e le difficoltà – almeno secondo la mentalità comune – andava a cercarsele.

Ma si muoveva sempre sulle tracce del Vangelo – quello più esigente e radicale, non quello edulcorato dai benpensanti – e quindi, alla fine, bisognava rassegnarsi: aveva ragione lui. Come quando all’inizio degli anni Ottanta, mentre imperversavano i riti pagani della Milano da bere e Tangentopoli, più che un’inchiesta giudiziaria, era lo stile con cui i padroni della città si dividevano mazzette e potere, andò dal cardinale Martini – allora giovane arcivescovo – e gli disse: «C’è qualche motivo per cui un gruppo di famiglie e alcuni gesuiti non possano vivere insieme, in una sola comunità?». Martini ci pensò qualche giorno. Prese le informazioni del caso.

Poi rispose: «Mi piace questa idea. Funzionerà». Anche in questo caso fu buon profeta. L’insolita alleanza famiglie-gesuiti di Villapizzone, periferia Nord di Milano, regge da quarant’anni. Certo, da una parte insieme c’erano Bruno Volpi con la moglie Enrica, prima coppia di laici a partire missionari per l’Africa già nel 1963. Con loro altri due sposi che avevano deciso di prendere alla lettera il Vangelo dell’amore: Massimo e Danila Nicolai. A guidare i gesuiti, almeno dal punto di vista delle intuizioni teologiche e della profezia, un uomo come padre Silvano Fausti, insieme ad altri religiosi della stessa tempra. Famiglie e gesuiti diedero braccia e anima a quattro parole che spesso rimangono vuote enunciazioni: apertura, solidarietà, accoglienza, condivisione.

In questi decenni, Bruno Volpi e le tantissime famiglie che ne hanno seguito l’esempio, hanno saputo dimostrare che la rivoluzione del Vangelo si può realizzare in ogni epoca e ad ogni latitudine. Rifondare la società sulla logica dell’amore, mettere i beni in comune, risolvere l’emergenza educativa con una genitorialità concretamente allargata, rendere ciascuno responsabile delle scelte del vicino sono, a distanza di tanti anni, alcune tra le buone prassi che le comunità familiari nate dall’esempio di Villapizzone continuano a praticare. Oggi l’associazione “Mondo di Comunità e Famiglia”, fondata appunto da Bruno Volpi, conta 35 comunità e 45 gruppi di condivisione in tutta Italia. Ma per lui, tanto instancabile e testardo, quanto umile e concreto non bastava ancora.

«Ma come fanno a non capire che non c’è modo più bello e più giusto per vivere insieme, famiglia accanto a famiglia, aiutandosi, sostenendosi nel lavoro, nella preghiera, negli impegni quotidiani? ». Nel suo girovagare per l’Italia per diffondere ovunque lo stile di vita delle famiglie con le porte aperte, si era fermato da qualche anno a Berzano, sulle colline tortonesi. E proprio nel duomo di Tortona, domani alle 16, si svolgeranno i funerali di quest’uomo che ha saputo tracciare una strada nuova nel tentativo di reinterpretare i valori buoni della vita familiare per reagire all’omologazione del consumo e della solitudine.

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