giovedì 6 febbraio 2025
Il Presidente avverte sul rischio di un "vassallaggio felice" dell'Ue di fronte ai "nuovi corsari" miliardari. E alla sottovalutazione dei nazionalismi aggressivi che a suo tempo non fermò Hitler
Il Presidente Mattarella riceve la laurea honoris causa a Marsiglia

Il Presidente Mattarella riceve la laurea honoris causa a Marsiglia - Fotogramma

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La situazione delle relazioni internazionali è grave: dazi, nazionalismo, nuovi "corsari" miliardari che vogliono uscire dal privato ed impadronirsi della cosa pubblica dall'interno. «È l'ora di agire» e l'Unione europea deve scegliere tra un «vassallaggio felice» o difendere i propri valori di libertà e democrazia diventando «protagonista» della storia. Senza sottovalutare i nazionalismi aggressivi di oggi, come sciaguratamente si fece con la Germania nazista

È qualcosa di più di un allarme quello lanciato ieri dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella all'università di Marsiglia in occasione di una laurea honoris causa. Un invito appassionato a non chiudere gli occhi, a prendere posizione sulle dinamiche politiche che stanno squarciando l'occidente dopo la vittoria di Donald Trump, con l'ascesa al governo dell'uomo più ricco del pianeta, quell'Elon Musk, simbolo di un'oligarchia tecnologica, che dopo aver conquistato lo spazio con i satelliti punta a Marte, orientando la politica americana dal di dentro.

Mattarella non fa nomi, ma chiede retoricamente se «l'Europa intende essere oggetto nella disputa internazionale, area in cui altri esercitino la loro influenza, o, invece, divenire soggetto di politica internazionale, nell'affermazione dei valori della propria civiltà?», in un lunghissimo discorso di 28 minuti. «Può accettare - incalza conquistando l'attenzione degli studenti - di essere schiacciata tra oligarchie e autocrazie? Con, al massimo, la prospettiva di un «vassallaggio felice». Bisogna decidere: essere «protetti» oppure essere «protagonisti».

Il capo dello Stato non ha dubbi: per l'Europa è proprio arrivata l'ora di scegliere, l'ora di replicare, l'ora di ritrovarsi. Il ragionamento del presidente è analitico, denso di richiami storici: non lascia scampo all'urgenza del momento. Le sue preoccupazioni trovano fondamenta negli insegnamenti della storia, una storia che non è finita bene. Dopo aver usato le parole più chiare della sua presidenza sull'Ucraina - dice che negli anni '30 «anziché la cooperazione, a prevalere fu il criterio della dominazione. Fu questo il progetto del Terzo Reich e l'aggressione russa all'Ucraina è di questa natura» - Mattarella spiega perché non conviene mai girare lo sguardo e praticare politiche di acquiescenza (se non di sottomissione) in cambio di piccoli benefici.

«La strategia dell'appeasement non funzionò nel 1938. La fermezza avrebbe, con alta probabilità, evitato la guerra. Avendo a mente gli attuali conflitti, può funzionare oggi?». Certo che no, sembra la risposta. L'appeasement, citato da Mattarella, può tradursi con riappacificazione, accomodamento, ma anche acquiescenza. Infatti aggiunge: «Un abbandono delle responsabilità condusse quei Paesi a sacrificare i principi di giustizia e legittimità, nel proposito di evitare il conflitto, in nome di una soluzione qualsiasi e di una stabilità che, inevitabilmente, sarebbero venute a mancare».

L'analisi presidenziale batte sulla necessità di difendere il multilateralismo, le organizzazioni internazionali - proprio quelle che Trump, e non solo lui, vogliono smantellare - le Nazioni Unite, la Corte Penale Internazionale, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, le agenzie come l'Unrwa - e tutti i fori di dialogo che hanno garantito al nostro Paese «70 anni di pace». Di fronte a quella che è stata una «articolazione multipolare dell'equilibrio mondiale, si riaffaccia, con forza, e in contraddizione con essa, il concetto di "sfere di influenza", all'origine dei mali del XX secolo e che la mia generazione - sottolinea il capo dello Stato - ha combattuto».

Una deriva pericolosa sostenuta da un nuovo potere della cui potenza non si può far finta di nulla. E cioè la comparsa «di figure di neo-feudatari del Terzo millennio - novelli corsari a cui attribuire patenti - che aspirano a vedersi affidare signorie nella dimensione pubblica, per gestire parti dei beni comuni rappresentati dal cyberspazio nonché dallo spazio extra-atmosferico, quasi usurpatori delle sovranità democratiche». Impossibile non pensare a Elon Musk. Nuovi corsari, sinonimo di pirati, che pensano alle organizzazioni internazionali come a sovrastrutture inutili che rallentano i loro profitti.

Ecco perché serve uno scatto di reni, soprattutto all'Europa. Non serve la «rassegnazione», serve creare subito un'Unione più forte, più coesa, protagonista. Altrimenti saremo dei «vassalli», forse felici perché protetti dal grande signore, ma pur sempre «vassalli». Di certo non a questo pensavano Altiero Spinelli, Jean Monnet e Robert Schuman, i Padri fondatori di un'Europa oggi «al bivio».

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