giovedì 7 marzo 2024
Il pedagogista Novara contrario al cambiamento: «L’errore fa parte del processo di crescita». La dirigente del Mim Palumbo: «Non abbiamo intenzione di punire gli alunni»
Non tutti sono d'accordo sul ritorno dei voti alle elementari

Non tutti sono d'accordo sul ritorno dei voti alle elementari - Fotogramma

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«L’errore fa parte di un processo di apprendimento, non può diventare la buca dove sprofondare l’alunno che sbaglia. Per favore: fermatevi!». È un appello ma suona più come un grido di dolore, la richiesta alle forze politiche avanzata dal pedagogista Daniele Novara, durante un webinar di Tuttoscuola sul ventilato «ritorno dei voti alla scuola primaria».

Il dibattito è stato innescato, nelle scorse settimane, dall’emendamento presentato dal governo al disegno di legge sul voto in condotta. Suona così: «A decorrere dall’anno scolastico 2024/2025, la valutazione periodica e finale degli apprendimenti, ivi compreso l’insegnamento di educazione civica, delle alunne e degli alunni delle classi della scuola primaria, è espressa con giudizi sintetici correlati alla descrizione dei livelli di apprendimento raggiunti». Poche parole, quattro righe in tutto, che, però, stanno alzando un polverone di polemiche e di indignazione, soprattutto da parte di chi, come il pedagogista Novara e altri, teme il «ritorno ai voti numerici senza numeri», ad appena quattro anni di distanza da un’altra riforma, quella del 2020, che, invece andava in direzione opposta. Quella, cioè, dei giudizi descrittivi: “In via di prima acquisizione”, “Base”, “Intermedio” e “Avanzato”. Al loro posto, il governo vuole reintrodurre i giudizi dall’“insufficiente” all’“ottimo” e c’è già chi teme un ritorno anche del “gravemente insufficiente”. L’ultima parola, però, spetta al Ministero dell’Istruzione e del Merito, che dovrà dare una precisa definizione dei giudizi con un’apposita ordinanza.

«Perché cambiare se nessuno, a partire dal Ministero, si è preso la briga di verificare che cosa è stato fatto dalle scuole in questi quattro anni?», ha chiesto Novara. Aggiungendo: «La sola cosa che sappiamo è che qualche politico non è soddisfatto. Ma la scuola non può essere in balia del politico di turno». Soprattutto, ha aggiunto il pedagogista, non si può cambiare in questo modo il sistema di valutazione «che è il cuore della scuola» e «serve per restituire il concetto di apprendimento» e non può mai essere «una punizione».

Apertamente critico nei confronti dell’iniziativa del governo, anche Cristiano Corsini, esperto di Docimologia (la parte della didattica che studia i criteri della votazione scolastica) e autore de “La valutazione che educa. Liberare insegnamento e apprendimento dalla tirannia del voto” (Franco Angeli). «Non è vero che i voti sono più trasparenti dei giudizi descrittivi: lo dicono decenni di ricerche scientifiche», ha ricordato Corsini. «Se non sono vincolati a un riscontro descrittivo, i voti non sono affidabili», ha aggiunto l’esperto. Che ha molto criticato anche la scelta del governo di procedere con la riforma senza aver «consultato la scuola, i docenti, i dirigente, le famiglie e gli alunni». «È una decisione molto grave e scientificamente infondata – ha concluso Corsini –. Il voto è fumoso, non dice nulla e, soprattutto, non serve a migliorare gli apprendimenti, ma soltanto a stabilire i sommersi e i salvati».

Perché la paura del voto esiste eccome e il maestro e scrittore Alex Corlazzoli, l’ha vista nelle lacrime di un’alunna di terza elementare, terrorizzata dalle verifiche. «I bambini vanno in panico perché la scuola si basa sempre più su modelli competitivi, fonte di grave stress», ha ricordato l’insegnante. Rilanciando l’appello a fermare i motori e a riaprire la discussione.

Sul punto che «la valutazione non deve essere una gara», ha concordato anche Francesco Magni, ricercatore in Pedagogia all’Università di Bergamo. Che, però, guarda con favore all’iniziativa di Palazzo Chigi. «Il giudizio sintetico risponde alla necessità di avere una comunicazione più chiara ed efficace con le famiglie», ha sintetizzato Magni. «Formulazioni lessicali astruse rischiano invece di fallire l’obiettivo», ha aggiunto. Ricordando che la riforma porterà a un «miglioramento lessicale che è anche sostanziale», ma che, da sola, non basterà a migliorare gli apprendimenti degli alunni. «Per una reale crescita degli studenti – ha aggiunto il ricercatore dell’Università di Bergamo – serve la personalizzazione dei percorsi formativi, attraverso il docente tutor, e l’utilizzo del portfolio delle competenze».

Due strumenti «fortemente voluti» dal ministro Valditara, ha ricordato la capo dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione del Ministero, Carmela Palumbo. Che ha voluto precisare: «Non è vero che alla primaria torneranno i voti». Si tratta, invece, ha spiegato la dirigente di viale Trastevere, «di un cambiamento nella continuità». «Ci sarà un giudizio sintetico con la descrizione del livello di apprendimento raggiunto», ha sottolineato Palumbo. Ribadendo l’esigenza di avere una comunicazione più chiara ed immediata con la famiglia e l’intenzione di «non punire nessuno». L’obiettivo del Ministero, ha confermato la dirigente, è, dunque, «dare maggiore trasparenza al giudizio, mantenendo l’ancoraggio ai livelli di apprendimento raggiunti». L’auspicio è che tutto ciò avvenga senza panico, stress e lacrime.


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