Lo stupro di Caivano e la rinuncia all'educare (da cui nasce questo orrore)
sabato 26 agosto 2023

Fossero solo lo sconcerto, l’indignazione, la rabbia a flagellarmi, sarebbero, tutto sommato, sopportabili; è il dolore – un dolore acutissimo – che mi toglie il fiato, come quando vieni colto da un infarto fulminante. Dopo gli orribili fatti di Palermo, è il quartiere dove sono parroco a essere teatro di una tragedia simile. Il Parco Verde, così, è stato ancora una volta preso di mira da giornalisti e telecamere.

Le domande sono le solite, le risposte rischiano di essere le solite. A meno che… A meno che qualcuno – in questo caso colui che scrive – non si assuma la responsabilità di dire che gli adulti sono venuti meno, commettendo un grande peccato di omissione, al dovere e alla fatica di educare. Ammettiamolo, la ricetta magica per far fronte a questi obbrobri – insieme agli stupri dei minorenni, vanno aggiunti gli scempi perpetuati sulle donne dai maschi con i quali avevano avuto un rapporto se non proprio d’amore, di convivenza, di conoscenza, di approcci – non la possiede nessuno, eppure nessuno può esimersi dal tenere gli occhi spalancati su un dramma che li riguarda.

Perché il problema vero non sono i ragazzini nati un decennio dopo l’inizio del terzo millennio, ma coloro che li hanno preceduti. Ho parlato della fatica di educare e non solo della gioia che di questa fatica è sorella siamese.

Educare vuol dire farsi accanto, rinunciare ai tuoi spazi, al tuo tempo libero per viverlo insieme al minore che ti è affidato. Vuol dire guardarlo, studiarlo, tenerlo sotto osservazione. Vuol dire assurgere a modello.

Tutto questo a partire dalla famiglia.

Mi rendo conto di quanto possa sembrare antiquato il mio pensiero in un tempo in cui tutto sembra complottare ai danni della famiglia. Eppure – lo noto ogni giorno – il ragazzino che è seguito ha più probabilità di crescere senza far danni a se stesso a gli altri. Alla famiglia si aggiungono la scuola, e la chiesa, se sono credenti. Ho detto si aggiungono, non si sostituiscono. E anche in questo caso vale la pena ricordare che senza passione e adeguata preparazione, anche l’insegnamento e la catechesi lasciano il tempo che trovano.

Nel raccontare il fatto, uno degli stupratori di Palermo scrive: «Eravamo cento cani sopra una gatta, una cosa così l’avevo vista solo nei video porno…».

Già, i video porno. A che età hanno preso contatto con la pornografia i nostri ragazzini? Quanto ne sono stati influenzati? Conviene accendere un faro anche su questa sciagura o il fatto che gli stessi adulti ne facciano uso e abuso ci mette la museruola?

Il giovincello che si è nutrito di film porno è portato a imitarlo. Lo stupro dei minorenni potrebbe – dico potrebbe – affondare le radici anche in questa fogna?

Il mio quartiere, oggi e nei giorni che verranno, è sotto assedio. Poi – lo so, l’ho visto tante volte – le luci si spegneranno e tutto tornerà come prima.

Il dramma degli stupri dei minori è trasversale, non possiamo dire che avviene solo nei quartieri disagiati. È vero, ma ciò non m’impedisce, oggi, di circoscrivere il problema alla mia parrocchia, definita una delle più grandi piazze di spaccio d’Europa. Un territorio dove, oltre alla scuola, la parrocchia e la Compagnia dei carabinieri, non c’è niente. Dove i servizi sociali sono inesistenti, i vigili urbani assenti. Dove i “signori della droga” sono alla continua ricerca di manovalanza spicciola e la trovano nei ragazzini che ripagano lautamente. Droga, soldi facili, pornografia, assenza dello Stato, abdicazione degli adulti nel campo educativo.

In fondo – diciamolo – abbiamo rubato ai piccoli la gioia di scoprire lentamente, dolcemente, serenamente quanto sia bello amare ed essere amati. Facendoli precipitare nell’inferno del sesso senza amore, senza dignità, senza soddisfazione.


© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI