mercoledì 20 febbraio 2019
I giudici hanno stabilito che i nuovi criteri per negare la protezione umanitaria non possono applicarsi a chi ha presentato la richiesta prima del 5 ottobre
«Asilo, il decreto sicurezza non può essere retroattivo»
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Neanche il tempo di aver superato lo spauracchio di un processo, che per Matteo Salvini arriva la doccia fredda della Cassazione che con una sentenza che fa giurisprudenza disinnesca gran parte degli effetti del decreto sicurezza quanto all’abolizione della protezione umanitaria. Un verdetto che apre le porte a una pioggia di ricorsi da parte di migliaia di migranti esclusi per effetto di norme erroneamente retroattive.

Per la prima volta la Suprema corte ha esaminato il ricorso di un cittadino della Guinea cui il tribunale di Napoli aveva detto «no», rispondendo alla sua domanda di protezione internazionale. Il motivo? Era considerato un migrante economico. La richiesta del guineano era stata respinta, ma si è posto il problema di quale normativa applicare, visto che le nuove norme al momento dell’udienza erano già in vigore. La prima sezione civile della Cassazione ha quindi ribadito il principio giuridico che «la legge non dispone che per l’avvenire», per non creare «disparità ingiustificate e irragionevoli di trattamento dovute esclusivamente ad un fattore del tutto estrinseco e accidentale quale la durata del procedimento di accertamento ».

Nell’anno 2018 sono state esaminate in tutto circa 95mila domande di protezione, contro le 81.500 del 2017 (+ 16%). In cifra assoluta, nel 2018 i richiedenti protezione respinti sono stati più di 60mila. Le nuove e più restrittive regole volute dal titolare del Viminale non saranno applicate a quei migranti che prima del 5 ottobre del 2018 (giorno di entrata in vigore della nuova normativa) abbiano fatto domanda di protezione.

Da allora le persone sbarcate sono state 2.300, il grosso delle domande è perciò precedente e ci vorrà tempo per esaminarle. Inoltre, secondo i dati del Viminale, diffusi un mese fa, i dinieghi sono aumentati dal 57% al 78%, un risultato rivendicato come conseguenza della nuova legge, ma che adesso apre a una montagna di ricorsi. Alla fine del 2018, i richiedenti protezione e i rifugiati in accoglienza nel nostro Paese erano in tutto 135.858. Un anno prima erano 183.681. Secondo le previsioni dell’Istituto per gli studi politici internazionali, dal momento dell’entrata in vigore del decreto sarebbe cresciuta gradualmente la quota di migranti irregolari: almeno altri 130mila da sommare ai 600mila già stimati sul territorio.

La decisione della Cassazione potrebbe ridimensionare queste stime È probabile che a seguito della sentenza resa nota ieri, migliaia di stranieri spinti nel limbo dell’illegalità (circa 40mila solo nell’ultimo anno secondo alcune stime) potranno chiedere che venga riconsiderata la domanda di protezione. Nell’attesa che i ricorsi vengano esaminati, i migranti a cui era stato detto di no, otterrebbero quantomeno una sospensione della loro condizione di irregolari fino al giudizio definitivo. Un’altra pesante ricaduta, anche sotto il profilo dei diritti umani, riguarda i rimpatri.

L’anno scorso sono stati circa 5mila e, tra questi, vi erano numerose persone a cui era stata negata una qualsiasi forma di protezione. Anch’essi avrebbero diritto adesso a chiedere un riesame, con il rischio per l’Italia di dover pagare risarcimenti per il respingimento avvenuto contravvenendo all’elementare principio della non retroattività delle norme.

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