giovedì 23 gennaio 2020
Una pubblicità offre buoni benzina a chi acquista pistole. Sui social network scatta l'allarme. La compagnia del "Cane a sei zampe" si dichiara estranea e blocca la diffusione del messaggio
Compri pistole, vinci il pieno di carburante. L'Eni: non c'entriamo
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Compri pistole e fucili Smith&Wesson e vinci buoni benzina per i distributori Eni. Lo dice una pubblicità uscita su una nota rivista di armi, che ha generato un piccolo caso. L'inserzione è stata rilanciata in questi giorni sui social network da attivisti e persone impegnate in realtà del mondo del pacifismo, della finanza etica e della difesa dell'ambiente, preoccupati oltre che per l'abbinamento armi-petrolio, per il fatto che nell'iniziativa fosse coinvolta una compagnia in cui lo Stato italiano, attraverso il Tesoro, è il primo azionista con una quota del 30,1%. L'"allarme", però, è rientrato nel giro di poche ore, con la compagnia del "Cane a sei zampe" che ha smentito ogni coinvolgimento e dato mandato ai legali di intervenire per tutelare i suoi diritti.

Ma cosa è successo? Tutto nasce da un post pubblicato su Twitter il 20 gennaio dal giornalista Sergio Ferraris, direttore di Qualenergia, bimestrale di Legambiente dedicato alle energie rinnovabili, nel quale viene mostrata l'inserzione: la pubblicità afferma che comprando uno a scelta tra cinque modelli in promozione in uno "Smith & Wesson Point", la società "Prima Armi" - storico importatore e distributore di armi e accessori con sede in Piemonte - regalerà un buono carburante Eni da 50 euro. Ferraris nel post riflette sul fatto che "Armi e fossili, fossili e conflitti sono un connubio". L'inserzione, in effetti, sembra una tipica operazione di co-marketing tra due marchi.

In poco tempo l'Eni si accorge e risponde al messaggio ringraziando per la segnalazione, dichiarando di aver "appreso dell'uso indebito del nostro brand", e spiegando di essere all'oscuro annuncia che intraprenderà "tutte le dovute iniziative per evitarne l'ulteriore diffusione e ottenere presso le sedi più opportune la tutela dei nostri diritti". La pubblicità è uscita sulla rivista "Armi Magazine" di Febbraio 2020, ma non compare già più nell'edizione digitale, mentre, a quanto risulta, ne sarebbe stata bloccata la stampa su un'altra pubblicazione di settore.

Intanto però l'immagine incomincia a circolare anche su Facebook e altri la rilanciano. Ma col tempo, correttamente, arrivano le precisazioni. Anche Luca Di Bartolomei, figlio del calciatore della Roma degli anni 80 morto suicida nel 1994 per essersi sparato un colpo di pistola, interviene segnalando la presa di distanza di Eni.

Da noi interpellata, la compagnia ha risposto così: "Eni ha appreso solo in data 20 gennaio 2020 dai social media che era in atto un'azione di uso indebito del proprio nome, brand e dei segni distintivi nell'ambito di questa campagna promozionale. Eni non ha, infatti, mai prestato il proprio consenso a tale utilizzo e ha già intrapreso tutte le opportune iniziative a tutela della propria reputazione, per evitare l'ulteriore diffusione del messaggio e ottenere presso le sedi più opportune la tutela dei propri diritti. Inoltre, l'uso indebito del marchio Eni viene associato a un'attività che, seppure assolutamente legittima, non risulta essere in linea con la filosofia, l'etica e l'immagine della nostra azienda".

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