venerdì 18 gennaio 2013
Meno 22,8% rispetto all’anno precedente. Le associazioni: ci sono troppi ostacoli burocratici. Crestani (Ciai): calano le coppie disponibili, ma le norme internazionali impongono più controlli Griffini (Aibi): pesa la fecondazione assistita. (Antonella Mariani)
Quelle diverse povertà che riducono l’adozione di Luciano Moia
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Un calo così vistoso forse non se lo aspettavano nemmeno gli addetti ai lavori, che pur da un paio di anni segnalano grosse difficoltà. Il -22,8 per cento di bambini adottati nel 2012 non è una semplice diminuzione fisiologica visti gli anni di crisi; è, invece, un vero e proprio crollo. L’anno scorso, dunque, sono entrati in Italia 3.106 minori stranieri, contro i 4.022 del 2011. Il che vuol dire 916 bambini in meno. Le coppie adottanti sono diminuite più o meno della stessa percentuale: 2.469 nel 2012 contro le 3.154 del 2011, ben 685 in meno.Le statistiche della Commissione per le adozioni internazionali (Cai), elaborate con i dati provvisori del 2012, dicono anche che i minori entrati in Italia nel 2012 provengono da 55 Paesi e che la metà di loro sono nati in 5 Paesi: Federazione Russa con il 24,1% del totale, Colombia (10%), Brasile (8,7%), Etiopia (7,5%) e Ucraina (7,2). Sulla Russia, dopo la recente legge che ha chiuso le adozioni ai cittadini statunitensi, c’è qualche preoccupazione perché la tendenza di Mosca a “nazionalizzare” i minori abbandonati è concreta e potrebbe, in futuro, coinvolgere altri Paesi. Il report della Cai non offre spiegazioni sul calo delle adozioni, oggettivamente inquietante visto che l’Italia è storicamente tra i più accoglienti al mondo: basti pensare che gli Usa totalizzano 9mila adozioni internazionali l’anno, ma hanno il quintuplo degli abitanti. Da qualche giorno, però, tra gli enti autorizzati (le 63 associazioni che affiancano i genitori nelle procedure adottive) non si parla d’altro. «Il calo è consistente – ammette Paola Crestani, presidente del Centro italiano aiuti all’infanzia (Ciai), che ha sedi in 7 regioni – ma l’Italia si sta allineando a una tendenza generale: le adozioni diminuiscono in tutti i Paesi di accoglienza. I motivi sono diversi. Il primo è che sempre più Paesi di provenienza hanno ratificato la Convenzione dell’Aja e quindi le procedure sono più attente. È il caso della Colombia, che ha dimezzato il numero dei bambini adottati da coppie straniere (805 nel 2012 contro i 1.647 del 2011, ndr) perché dopo alcune inchieste giornalistiche ha messo il freno alle adozioni facili».Poi ci sono Paesi come il Guatemala e la Cambogia, che hanno provvisoriamente chiuso le adozioni per adeguare la loro legislazione. Un altro motivo è che «aumentano le segnalazioni per bambini con problematiche sempre più rilevanti: disabilità serie, salute precaria – continua Paola Crestani –. E contemporaneamente diminuiscono le coppie italiane disponibili a farsene carico, tanto che siamo noi stessi, spesso, a non accettare alcune segnalazioni». Il che vuol dire che per tanti bambini “non perfetti” il sogno di una famiglia resterà tale. Anche la complessità di una procedura vissuta come estenuante è un ostacolo per le coppie. «Sì, è vero, non ci sono tempi standard. Però se una coppia offre grande disponibilità, i tempi si accorciano», assicura Crestani. Se gli aspiranti genitori, insomma, non pongono particolari ostacoli né sul Paese d’origine né sull’età dei bambini, né su eventuali problemi di salute, in pochi mesi si può arrivare al traguardo.Ma non sarà che stanno diminuendo anche i bambini adottabili? «Questa spiegazione non regge – assicura Marco Griffini, presidente dell’Associazione Amici dei bambini (Aibi), altro ente storico con sedi in tutta Italia –: gli orfanotrofi continuano a essere pieni. No, il problema è che diminuisce il bacino delle coppie disponibili. E questo per due motivi: l’atteggiamento punitivo degli operatori sociali che devono certificare l’idoneità delle coppie all’adozione, che ha distrutto nel nostro Paese la cultura dell’adozione. E poi il ricorso alla provetta: più esso cresce, più diminuisce l’adozione. È matematico».Non è calato il desiderio di un figlio, dunque, ma sta cambiando il modo che le coppie scelgono per realizzarlo. Il 90 per cento degli aspiranti genitori che si accostano all’adozione non ha altri figli e dunque evidentemente registra un problema di infertilità: «Arrivano dopo anni di tentativi di fecondazione assistita, cercando un’alternativa», riprende Paola Crestani. Ma l’adozione - è ciò che gli enti da sempre cercando di trasmettere - non può essere una alternativa. «È un altro percorso, forse persino meno impegnativo e stressante rispetto alla provetta». E, assicura la presidente del Ciai, «infinitamente più gratificante».
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